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2025, inflazione ancora protagonista?

Nel 2025 l’inflazione potrebbe ancora essere la grande protagonista sullo scenario economico mondiale. Allora facciamo un breve viaggio attorno al mondo per vedere qual è la situazione di partenza.

Anche nel 2025 sarà l’inflazione la protagonista sul fronte macroeconomico? Le premesse per altri 12 mesi “in balia” dell’andamento dei prezzi al consumo sembrano esserci tutte. E come una sottile linea rossa, l’inflazione tiene assieme i destini delle grandi economie mondiali. E allora proviamo a seguire questa traccia che ci porta in un viaggio attorno al mondo che parte dal Giappone e arriva negli USA della nuova era Trump.

Nel mese di dicembre l’inflazione in Giappone è salita al 2.9% su base annua, mentre la componente core ha toccato il 2,7%. La crescita dei salari da un lato e quella delle materie prime importate dall’altro, iniziano a mettere pressione alla banca centrale. La BoJ ha fino ad ora rimandato l’appuntamento con un nuovo rialzo dei tassi, preoccupata dal contesto internazionale e dall’idea che la crescita nipponica sia ancora molto fragile e che un rialzo dei tassi possa farla deragliare.

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Chi ha un problema completamente opposto è la Cina. Mentre il governo ha fissato attorno al 5% il target di crescita nel 2025, i numeri della domanda interna continuano a rimanere estremamente deboli e di conseguenza i prezzi tendono a crescere ad un ritmo sempre più basso. Il rischio, se gli stimoli monetari e fiscali messi sul piatto dalle autorità cinesi non saranno in grado di ravvivare i consumi, è che si possa tornare in uno scenario di deflazione. Una posizione decisamente scomoda nella quale rispondere alle prevedibili bordate statunitensi sul fronte dei dazi. Paradossalmente però, proprio il calo dei prezzi delle esportazioni cinesi potrebbe agire da contrappeso all’effetto inflazionistico globale della politica protezionistica statunitense.

Complicato è anche lo scenario europeo. Qui le forze in campo sono diverse. La crescita economica dell’area Euro rimane estremamente debole, con la manifattura in forte sofferenza ed il settore servizi che rallenta il passo. L’inflazione prosegue nel suo trend discendente, ma dalle parti di Francoforte, nelle ultime settimane, sembrano spirare venti di rinnovata prudenza. A generarli, manco a dirlo, il timore di manovre ostili da parte degli USA sul fronte dazi. A questo si aggiungono la traballante situazione politica di Francia e Germania (con le potenziali conseguenze sulla gestione dei conti pubblici), nuove tensioni sui prezzi della componente energia e, infine, la debolezza dell’Euro che rischia di importare ulteriore inflazione. In settimana arriverà il dato sull’andamento dei prezzi al consumo in dicembre, le attese sono per un lieve rialzo dovuto alla componente energia.

Con un balzo ci ritroviamo al di là della Manica, dove la banca centrale si trova nella complicata necessità di bilanciare il controllo sui prezzi con il sostegno alla crescita economica. La domanda interna sembra in difficoltà, compressa tra tassi di interesse elevati, prezzi ancora sostenuti ed una manovra fiscale restrittiva. Gli ultimi dati sull’inflazione registrano una riaccelerazione dei prezzi al consumo anche per la componente core, con i prezzi dei servizi che mantengono un ritmo di crescita annuo del 5%; l’attesa è tanta per l’andamento nel mese di dicembre, mentre gli analisti cercano di capire quanti tagli dei tassi di interesse saranno possibili nel 2025, se i quattro ventilati da Andrew Bailey qualche settimana fa, o i due stimati dal mercato più recentemente. Nel frattempo, gli ultimi rilevamenti mensili sulla crescita economica (ottobre e novembre) segnalano una frenata.

Da Londra voliamo verso l’ultima tappa di questo nostro viaggio con l’inflazione. La destinazione finale sono gli Stati Uniti. Il 20 gennaio si avvicina e tutti gli analisti sono concentrati a capire quali potranno essere le prime mosse di politica economica della nuova amministrazione Trump: dazi, deregolamentazioni, incentivi fiscali? I più entusiasti si attendono una nuova spinta sui consumi; i più prudenti osservano che questa potrebbe accompagnarsi ad una nuova accelerazione dell’inflazione, ulteriormente sostenuta dalla crescita dei prezzi delle importazioni. In tutto questo la FED ha fatto quello che doveva: nuovo taglio dei tassi a dicembre e attivazione della modalità “Attesa”. Con tanto di avviso ai naviganti: per il 2025 ci attendiamo solo due tagli dei tassi.

Il breve viaggio che ci ha portato dal Giappone agli Stati Uniti sembra indicarci una risposta affermativa alla domanda iniziale del post. L’inflazione sarà ancora protagonista nel 2025; un anno che si annuncia ancora molto impegnativo per le banche centrali.

Foto di Yuliya Yuliya

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