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Banche centrali verso il 2025

Alla vigilia delle ultime riunioni di quest’anno, le banche centrali si preparano al 2025. Se la riduzione dei tassi è lo scenario base per molte, l’intensità e la tempistica rimangono incerte.

Dare uno sguardo a quali potrebbero essere le mosse delle principali banche centrali nel 2025 è un altro modo per fare previsioni sull’andamento dei mercati finanziari. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo visto come gli investitori siano diventati ipersensibili a tutto quello che esce dai board delle banche centrali. E come l’andamento dei tassi di interesse e dell’inflazione influenzino in maniera pesante le performance di alcuni settori azionari.

A dire la verità il 2024 ha ancora molto da dire sul fronte della politica monetaria. Tra questa settimana e la prossima si riuniranno tutte le principali banche centrali (BCE, BoE, FED, RBC, BoJ); e non sarà di certo solo per gli auguri di fine anno. Per tutti gli istituti centrali sul piatto c’è una riduzione dei tassi di interesse, per alcuni la possibilità di adottare un maxi taglio.

Stando a quanto emerge dal mercato degli interest rates swap, la FED dovrebbe procedere con un taglio di 25 punti base, la BCE ha alte probabilità di arrivare ad una sforbiciata di 50 punti base. Più incerto l’esito della riunione della banca centrale giapponese che dovrebbe comunque essere l’unica ad andare in controtendenza, alzando il riferimento di 25 punti base. La Banca centrale inglese, invece, dovrebbe seguire le orme della RBA australiana, lasciando al momento i tassi invariati. Naturalmente seguiremo tutte le decisioni nella quotidiana rubrica K Briefing, ma quanto appena riportato è lo scenario base che il 2025 erediterà sul fronte della politica monetaria. E poi?

Per l’anno che verrà gli scenari si fanno un po’ più complicati. E questo a causa di una difficile lettura dei potenziali effetti dell’insediamento della nuova amministrazione statunitense e della capacità di resistere alla nuova fase di debolezza (non solo economica) da parte dell’Europa. Se al di là della Manica l’attuale governatore ha dichiarato al Financial Times di attendersi quattro tagli dei tassi nel corso del 2025, un po’ diverso potrebbe essere il percorso della BCE. Un intervento corposo nella riunione di oggi porrebbe le basi per qualche mese di attesa, salvo intervenire nuovamente in maniera massiccia nel caso in cui i dati macro delle grandi economie dell’area dovessero peggiorare ulteriormente. Se invece, tra qualche ora, il board decidesse di usare la mano leggera, allora è ipotizzabile che i tagli possano continuare, a piccole dosi, anche ad inizio 2025. L’intensità dell’intervento è strettamente legata a due elementi: da un lato la volontà di non eccedere nell’alleggerire il costo del denaro col rischio di riaccendere fiamme inflazionistiche; dall’altro la necessità di mantenere un atteggiamento prudente in vista di potenziali tensioni sul fronte del commercio internazionale.

Chi nel nuovo anno dovrà guardare alle decisioni della politica sarà senza dubbio la FED. Negli USA l’economia continua a marciare con un ritmo rassicurante e l’inflazione sembra stabilizzarsi. Questo permette all’istituto guidato da J Powell di intervenire con calma e di attendere i primi ordini esecutivi dell’amministrazione Trump in una posizione un po’ più comoda. Lo scenario base prevede un’ulteriore discesa dei tassi, ma non così massiccia come qualcuno potrebbe attendersi. Piccole manovre di aggiustamento nel tentativo di capire quale sia effettivamente il nuovo punto di neutralità della politica monetaria statunitense.

In conclusione, se il 2024 ha visto il raggiungimento di quel tanto atteso pivot delle banche centrali, nel 2025 lo scenario base prevede ulteriori riduzioni dei tassi di interesse. Con ritmi molto differenti tra i vari istituti e con diverse incognite in grado di congelare ogni decisione. Con un doppio cigno nero chiuso nel cassetto: stagflazione in Europa e riaccelerazione dell’inflazione negli USA.

Foto di BCE da Flickr

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