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Dopo il cacao tocca al caffè: prezzi materie prime alimentari ad alta volatilità

Dopo l’impennata del costo del cacao nella scorsa primavera, tocca ora ai prezzi del caffè. Volatilità sempre più protagonista sulle materie prime alimentari.

Il mercato delle materie prime alimentari continua ad essere protagonista. Cambiamenti climatici e regolamentazioni hanno un’influenza sempre maggiore sull’andamento dei prezzi. Dopo aver raccontato dell’impennata del costo del cacao nella scorsa primavera, tocca ora parlare dei prezzi del caffè.

A New York le quotazioni del future sul caffè Arabica hanno messo a segno un +30% circa da inizio anno, superando i massimi del 2022 e avvicinandosi sempre più a quelli del 2011. Una situazione che richiama alla memoria quanto successo la primavera scorsa con i prezzi del cacao e che per molti aspetti ha un’origine comune. Nella stagione della fioritura, infatti, il Brasile (maggior produttore mondiale di caffè assieme al Vietnam) ha sperimentato un periodo con clima estremamente siccitoso (il peggiore degli ultimi 40) e questo rischia di ridurre drasticamente la produzione di chicchi.

Prezzo del caffè. Aumenti su rischio bassa produzione in Brasile.

L’impennata dei prezzi del caffè è solo l’ultimo episodio di una tendenza che si sta delineando sempre più sul mercato delle materie prime, vale a dire un aumento della frequenza di rapide oscillazioni di prezzi causata dalla sempre maggior difficoltà ad elaborare stime attendibili sulla produzione. Se infatti nel complesso la volatilità del mercato delle materie prime non mostra cambiamenti significativi negli ultimi decenni, le cose cambiano sensibilmente se si considerano solo le materie prime alimentari.

Fred - Volatilità materie prime.

Prendendo come riferimento il Food Price Index elaborato dalla FAO si nota che la volatilità mensile dal 2006 ad oggi è triplicata rispetto a quella registrata per il periodo che va dal 1990 al 2005, con l’ampiamento della variazione dei prezzi intensificatosi soprattutto nell’ultimo quinquennio.

Secondo uno studio del World Economic Forum le materie prime alimentari più esposte al cambiamento climatico, e di conseguenza a repentini sbalzi di prezzo, sono il cacao, le patate, il riso, la soia e l’olio d’oliva. Ma la lista sembra potersi allungare ed oltre alle condizioni climatiche non vanno dimenticate le sempre più complicate trame geopolitiche.

Un esempio significativo in questo senso arriva dal prezzo del grano. Tutti ci ricordiamo quanto accadde all’indomani dell’invasione russa in Ucraina. Oggi il prezzo dei contratti futures del grano rispetto a quelli delle altre materie prime sta toccando i minimi da 14 anni a questa parte. Le abbondanti piogge primaverili ed una estate sotto media nel nord America hanno fatto crescere considerevolmente le stime di produzione, contribuendo ulteriomente ad una riduzione dei prezzi.

Il percorso contrario del prezzo del grano sceso ai minimi dal 2020.

Mentre anche sul fronte dei beni alimentari comincia a crescere una sorta di diversificazione delle fonti in grado nel medio termine di ridurre gli eccessi di fluttuazione dei prezzi, nel breve termine dovremo convivere con questa tendenza e con le potenziali ricadute sull’inflazione.

Foto di Elida Janeth Vera Soto

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