Claudia Goldin e quei Nobel a donne che si occupano di donne

Il premio Nobel per l’Economia a Claudia Goldin e quello per la pace a Narges Mohammadi sono il giusto riconoscimento a due donne in prima linea sul tema della disugaglianza di genere.

Poco meno di un anno fa commentavamo l’assegnazione dei premi Nobel sottolineando la scarsa presenza – per usare un eufemismo – di donne tra i vincitori. Quest’anno dalle parti di Stoccolma sembrano aver voluto correre ai ripari e l’hanno fatto nel modo più completo possibile, premiando donne che nella loro attività si sono occupate della condizione femminile in ambito sociale ed economico. Così il premio Nobel per la pace è andato alla giornalista ed attivista iraniana Narges Mohammadi e quello per l’economia è stato vinto dalla professoressa Claudia Goldin. Da un lato la difesa dei diritti civili delle donne in un paese complesso come l’Iran, dall’altro lo studio delle disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro.

Il lavoro di Claudia Goldin sulla partecipazione delle donne nel mercato del lavoro è stato fondamentale nel comprendere e affrontare le sfide legate alle disuguaglianze di genere. Goldin ha esaminato in modo approfondito come l’ingresso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro siano influenzati da vari fattori, contribuendo a illuminare le dinamiche complesse che circondano questo argomento.

Una delle principali conclusioni del suo lavoro è che le differenze salariali tra uomini e donne spesso derivano da differenze nell’occupazione, nell’orario di lavoro e nella flessibilità. Ha dimostrato che le donne tendono a lavorare in settori o posizioni che offrono una maggiore flessibilità per conciliare lavoro e famiglia, ma spesso a scapito dei salari più alti. Goldin ha sottolineato l’importanza di affrontare questi fattori per ridurre le disuguaglianze di genere sul luogo di lavoro.

Inoltre, ha studiato l’impatto dell’istruzione e della formazione sulla partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. Ha evidenziato che un’educazione superiore è fondamentale per l’uguaglianza di genere, poiché le donne istruite hanno maggiori opportunità lavorative e guadagni più elevati. Tuttavia, Goldin ha anche rilevato che le donne spesso affrontano difficoltà nella progressione di carriera a causa delle aspettative familiari e delle responsabilità.

Un’altra area di ricerca importante di Goldin è stata l’impatto delle politiche pubbliche sulla partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. Ha sostenuto che politiche come il congedo parentale pagato, l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia di qualità e orari di lavoro flessibili possono facilitare l’integrazione delle donne nel mondo del lavoro.

Il paper “The Great Compression” di Claudia Goldin è un’importante analisi delle dinamiche salariali negli Stati Uniti durante il periodo noto come “The Great Compression,” che va approssimativamente dagli anni ’40 agli anni ’70 del XX secolo. Il titolo del paper si riferisce a un periodo in cui le disuguaglianze salariali si sono notevolmente ridotte negli Stati Uniti.

Nel suo studio, Goldin esamina i cambiamenti significativi nella distribuzione dei redditi durante questo periodo. Durante gli anni ’40 e ’50, l’America ha assistito a una drastica riduzione delle disuguaglianze salariali, con una contrazione delle differenze tra i salari dei lavoratori più qualificati e quelli meno qualificati. Questa riduzione delle disuguaglianze è stata attribuita a una serie di fattori, tra cui la crescita economica sostenuta, l’espansione dell’istruzione pubblica, i sindacati più forti e politiche pubbliche che hanno contribuito a stabilizzare i salari.

Goldin esamina il ruolo cruciale dell’istruzione nell’abbattere le disuguaglianze salariali. Durante “The Great Compression,” l’accesso a un’istruzione di qualità è diventato più ampio, consentendo a un numero maggiore di persone di acquisire le competenze necessarie per occupare posti di lavoro meglio remunerati. Ciò ha ridotto le disuguaglianze salariali in quanto più individui hanno avuto l’opportunità di accedere a lavori di alta qualità.

Le politiche pubbliche, tra cui il salario minimo e la regolamentazione del lavoro, hanno anche giocato un ruolo chiave nel contenere le disuguaglianze salariali e stabilizzare i redditi delle famiglie. I sindacati, durante questo periodo, hanno negoziato contratti collettivi che hanno contribuito a garantire salari più equi e migliori condizioni di lavoro per i lavoratori. Le tendenze salariali hanno subito una drastica inversione dopo “The Great Compression” a causa di una serie di fattori, tra cui la globalizzazione, la tecnologia e il declino dei sindacati. Questi fattori hanno portato a un aumento delle disuguaglianze salariali negli anni successivi.

L’ultimo lavoro, Why Woman Won, è dedicato all’evoluzione dei diritti civili per le donne negli USA dal 1905 ad oggi, alle conquiste ed ai tanti ostacoli presenti ancora oggi. Ma quel titolo sembra quasi un messaggio di speranza per altri contesti.

Foto di Dimitris Vetsikas

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