Iniziata a Davos, in Svizzera, l’edizione 2023 del World Economic Forum. La prima in presenza dopo il Covid, con numeri importanti, molte preoccupazioni e tanta incertezza.
A Davos le temperature, in questo primo vero scorcio d’inverno sull’Europa, stazionano sotto lo zero, ed il gelo sembra capace di penetrare anche l’oramai consueto World Economic Forum. Forse mai come quest’anno l’atmosfera nei saloni che ospitano meeting e tavole rotonde oscilla fra il cupo e lo sfiduciato, tra lampi di ottimismo ed una generale sensazione da pugile suonato che cerca disperatamente il proprio angolo.
Il primo appuntamento in presenza dopo il Covid ha come titolo ” La cooperazione in un mondo frammentato” e nei numeri dovrebbe essere una delle edizioni più partecipate: 450 panel, 2500 invitati di 130 paesi diversi, tra cui 52 capi di stato o di governo. Ma nell’elenco degli invitati mancano nomi di un certo rilievo, come quelli del presidente francese Macron, del premier inglese Sunak, del presidente degli USA Biden, oltre che del presidente cinese Xi Jinping. Tutti, più o meno, alle prese con complicate matasse da sbrogliare all’interno dei propri confini (la riforma delle pensioni per Macron, rimettere in carreggiata i conti pubblici per Sunak, ravvivare un’economia che stenta per Xi Jinping), o firmatari di leggi che con la cooperazione in un mondo frammentato sembrano non avere molto da spartire (leggasi l’acceso dibattito sul’Inflation reduction act firmato qualche tempo fa da Biden e che viene criticato dai partner internazionali per le molte venature di protezionismo).
I temi centrali del World Economic Forum 2023, stando al Global Risks Report presentato dagli organizzatori, sono sostanzialmente due: la sfida dei prezzi e la sfida climatica. I due grandi rischi che il mondo corre nei prossimi due anni secondo il WEF. La prima sfida sembra condurre l’economia mondiale verso una fase di recessione (o di crescita molto bassa), la seconda presenta a tutti gli operatori economici la necessità di trasformarsi per non sopperire ed ai governi di cooperare per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. I numeri che hanno fatto da cornice a questa prima parte del forum sono contraddittori.
Un sondaggio condotto da PricewaterhouseCoopers tra ottobre e novembre scorso segnala che il 73% degli intervistati (oltre 4000 top manager internazionali) prevede un rallentamento della crescita globale nel 2023. Una percentuale mai registrata in oltre dieci anni di storia del sondaggio. In due manager su cinque cova addirittura la preoccupazione che la propria società non sopravviva nel prossimo decennio, con il rischio climatico in cima ai pensieri e la necessità di trasformare il modello business cruciale per il 40% dei CEO intervistati. In un analogo sondaggio condotto dal WEF i due terzi del campione parlano di recessione globale attesa nel 2023, conseguenza del progressivo e massiccio taglio dei costi (leggasi licenziamenti) nelle aziende. Per un 18% del campione tale recessione è estremamente probabile.
Anche sul fronte del commercio internazionale le previsioni rimangono tendenti al grigio scuro. Secondo Boston Consulting – dati riportati dall’agenzia Bloomberg – il volume degli scambi di beni e servizi globale dovrebbe crescere nei prossimi sei anni ad una media inferiore rispetto a quella del PIL globale: 2.3% contro il 2.5%. Non proprio uno scenario cooperativo, si potrebbe insinuare.
A questo quadro si contrappone un moderato ottimismo scaturito dagli ultimi dati macroeconomici, con l’inflazione che sembra oramai aver toccato il suo apice, e molti analisti che intravedono nella metà del 2023 l’ending point della politica monetaria restrittiva di molti istituti centrali. Ed anche la prevista recessione per l’Eurozona, forse lo spauracchio più grande del momento, appare ora in termini più sfumati, con il cancelliere Olaf Scholz – intervistato da Bloomberg – convinto che la Germania eviterà una gelata dell’economia nel 2023.
Nel gelo svizzero si fa strada un piccolo flebile refolo caldo. Ma l’atmosfera, nella conca elvetica, rimane avvolta da una strana sensazione di incertezza.
Foto di Nici Keil