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Banche centrali e cambiamenti climatici: alla ricerca del compromesso

Per le banche centrali la lotta ai cambiamenti climatici è tema di grande attualità, ma per mantenere l’efficacia della politica monetaria sulla stabilità dei prezzi ed inglobare gli obiettivi ambientali occorre trovare un compromesso.

Torniamo ancora una volta su uno dei temi di dibattito più interessanti degli ultimi mesi, vale a dire il ruolo che la politica monetaria può svolgere nella lotta ai cambiamenti climatici. Abbiamo già visto in precedenza come alcune banche centrali siano già dovute intervenire per calmierare gli effetti del climate change sulla stabilità dei prezzi (Brasile e Messico); ed abbiamo raccontato quali possano essere i canali attraverso i quali gli istituti centrali hanno la possibilità di indirizzare risorse finanziarie verso investimenti green.

Oggi diamo conto di uno studio condotto da Donato Masciandaro e Riccardo Russo che aggiunge ulteriori ingredienti al dibattito, concentrandosi in particolare sul delicato mix di condizioni in grado di rendere davvero efficace una politica monetaria “green oriented”.

Se è vero che di cambiamenti climatici i governatori delle banche centrali parlano da un bel po’ di tempo, è altrettanto vero che a livello pratico poco è stato ancora realizzato. La BCE potrebbe essere l’apripista, grazie alla revisione della propria politica monetaria svelata ad inizio anno ed all’introduzione di stress test dedicati alla sostenibilità del sistema bancario dell’Eurozona.

L’efficacia di questi interventi è tutta da verificare e gli analisti si dividono. C’è chi ritiene che la lotta al cambiamento climatico debba essere una questione da affrontare esclusivamente attraverso la politica fiscale (carbon tax e via discorrendo), temendo che l’incorporazione dei temi ambientali nelle scelte delle banche centrali rischi di limitare la capacità di queste ultime nel controllare prezzi e stabilità finanziaria. C’è chi, invece, ritiene i canali di trasmissione utilizzati dalla politica monetaria fondamentali per indirizzare risorse dell’economia reale verso investimenti green.

Masciandaro e Russo osservano che non si può a priori sposare nessuna delle due tesi e che le banche centrali dovranno necessariamente scendere a compromessi per poter incidere sul tema della lotta al climate change. In particolare due sono le grandi variabili in grado di portare al successo gli istituti centrali. Da un lato il mantenimento della propria autonomia operativa rispetto alla politica, dall’altro la capacità di indirizzare la maggior quantità possibile di risorse immesse nel sistema verso investimenti green. Una politica troppo invadente, ricordano gli autori, rischia di spingere troppo verso le tematiche green e di ridurre la capacità delle banche centrali di perseguire gli obiettivi principali del loro statuto (stabilità dei prezzi, crescita sostenibile, stabilità finanziaria). Una attività di controllo troppo stringente sull’utilizzo delle risorse da parte del sistema bancario può avere effetti collaterali sulla stabilità finanziaria del sistema, non riuscendo comunque ad influenzare direttamente le scelte degli operatori economici più coinvolti nel climate change (imprese e famiglie).

Trovare il giusto compromesso tra spinte della politica, autonomia decisionale e capacità di influenzare le scelte del sistema bancario è la grande sfida per le banche centrali di fronte al problema dei cambiamenti climatici.

Foto di Sasin Tipchai

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