Il settore agricolo è tra quelli più esposti alle conseguenze del surriscaldamento globale. Gli effetti nel breve si sentono sui prezzi delle materie prime, mentre nel lungo periodo gli studi confermano la forte relazione con il fenomeno migratorio.
L’India ed il Pakistan hanno sofferto, tra marzo ed aprile, un’ondata di caldo record. New Delhi, nel mese di aprile, il terzo più caldo di sempre, ha registrato una media sulle temperature massime di 40.2° centigradi. A Jacobabad, in Pakistan, i termometri hanno superato i 47° gradi centigradi. Situazioni estreme ed insolitamente persistenti che stanno interrogando gli scienziati sul significato da attribuire a tali fenomeni e sulle sue certe correlazioni con il surriscaldamento globale.
Ma questi eventi estremi sono anche un forte campanello d’allarme per l’economia, e per il settore agricolo in particolare. In India, ad esempio, l’agricoltura rappresenta il 18% del prodotto interno lordo e gli occupati nel settore superano il 50% del totale nazionale. Le ondate di calore, così estreme e così lunghe, rischiano quest’anno di ridurre la resa delle coltivazioni di grano indiano tra il 10% ed il 50%. Un doppio problema: da un lato minori redditi per gli agricoltori, dall’altro una nuova crepa nella già malmessa offerta mondiale di grano, con le conseguenze sui prezzi che si possono facilmente immaginare.
Se prezzi e redditi sono le prime due variabili ad essere modificate dagli eventi atmosferici estremi che si abbattono sul settore agricolo, e se queste modifiche possono per questo motivo essere considerate gli effetti a breve termine del surriscaldamento globale, c’è un fenomeno di lungo termine sul quale abbiamo ora qualche informazione in più: il fenomeno migratorio.
Salvatore Di Falco, Anna B. Kis e Martina Viarengo hanno analizzato i dati relativi ai paesi dell’Africa Sub-Sahariana. Un’area geografica particolarmente interessante per la sua forte dipendenza dal settore agricolo e per la sua esposizione ad eventi climatici estremi correlati al surriscaldamento globale (in particolar modo gli episodi di siccità). I tre economisti hanno indagato la relazione esistente tra l’evento climatico estremo e la decisione degli abitanti di lasciare i campi e migrare verso le città. Dai dati emerge che all’aumento della severità e della frequenza dei fenomeni climatici avversi, aumentano le probabilità di migrazione della popolazione agricola residente e questa propensione a lasciare i campi si fa più persistente. In altre parole il susseguirsi di eventi atmosferici estremi erode la capacità di adattamento del settore agricolo e se nel breve termine gli effetti sul fenomeno migratorio sono bassi, sul lungo periodo rischiano di diventare consistenti e duraturi.
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