Crisi Ucraina, si va verso una grande recessione?

Inutile girarci intorno, la domanda che sta crescendo in questi giorni è molto semplice. La nuova ondata di inflazione che la crisi ucraina porterà con sé fara scivolare l’economia mondiale in una nuova grande recessione?

Se ci imponessero di rispondere a bruciapelo diremmo che senza dubbio il rischio c’è ,ma al momento non è lo scenario base, come si dice. Cerchiamo di mettere in ordine i pensieri.

Prima che scoppiasse la guerra in Ucraina l’economia globale si dibatteva tra i decisi segnali di ripresa economica post-pandemia ed una fiammata dei prezzi che in parte aveva già iniziato a surriscaldare i salari, elemento questo che fa in genere saltare sulla sedia i governatori delle banche centrali, perchè significa innescare un meccanismo che crea ulteriore inflazione (reale ed attesa). A qusto punto le banche centrali, con una giravolta notevole, hanno deciso di portare in secondo piano l’accompagnamento dell’economia nella fase di ripresa post-covid ed il sostegno del mercato del lavoro. Il focus della politica monetaria, da quel momento in poi, è diventato la lotta al carovita.

I segnali di miglioramento che piano piano stavano arrivando dalla supply chain, uniti all’andamento più che positivo del mercato del lavoro, hanno fatto ipotizzare che un rialzo dei tassi avrebbe sicuramente raffreddato l’economia ma non tanto da indurla alla recessione. Le ultime stime dell’FMI – quelle di gennaio scorso – indicavano la crescita globale in rallentamento dal +5.9% del 2021 ad un +4.4% nel 2022, con un ulteriore frenata (o normalizzazione) nel 2023 al +3.8%. Sempre l’FMI stimava che il riassorbimento delle disfunzioni della catena di approvvigionamento globale avrebbe iniziato a raffreddare i prezzi dalla prossima estate.

Questo, al momento, rimane ancora lo scenario base. Ora tutto dipenderà dalla durata della crisi tra Russia ed Ucraina. E non stiamo parlando solo delle operazioni militari – che con tutto il cuore speriamo cessino il prima possibile – ma anche di tutta quella complicatissima fase che dovrà portare ad un nuovo, per quanto precario, equilibrio. Posto che la rottura con la Russia, salvo sorprese, diventi qualcosa con cui convivere a lungo, all’Occidente – termine tornato di moda – servirà il tempo per ridurre la dipendenza dall’energia e delle altre materie prime che fino ad ora Mosca garantiva. La ricerca del nuovo equilibrio comporterà un periodo più o meno lungo di prezzi sopra la media storica. E sono proprio i prezzi, e quindi l’inflazione, l’elemento che potrebbe portare, data per scontata la nuova impostazione della politica monetaria internazionale, ad un periodo di stagflazione o peggio ad una recessione con inflazione.

JP Morgan stima che un aumento di 20 dollari del prezzo del barile di petrolio, se perdurante, potrebbe portare ad una perdita di 0.6 punti di Pil per l’Europa e 0.3 punti per USA e Cina. Barclays Plc e JPMorgan Chase & Co hanno rivisto le loro stime macro per il 2022, abbassando di un punto la crescita globale e aumentando di un punto l’inflazione globale. Tanto più la crisi ucraina non troverà uno sbocco, tanto più aumenteranno i “danni collaterali” all’economia mondiale ed il rallentamento del PIL potrebbe sfociare in una nuova recessione, a due anni dal tonfo causato dalla pandemia.

Foto di aleskomuc

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