Occupazione USA, il faticoso incrocio tra domanda ed offerta

In attesa dei dati ufficiali sull’occupazione USA di giugno, arriveranno domani, si continua a discutere del faticoso incrocio tra domanda ed offerta. Difficoltà che cela una grande aspettativa dei lavoratori sulla ripresa economica a stelle e strisce.

L’economia USA continua ad espandersi. I più recenti dati PMI di giugno confermano che sia il settore manifatturiero, sia quello dei servizi stanno correndo. Ma dagli stessi sondaggi dei direttori d’acquisto USA emerge un altro elemento, molto discusso nelle ultime settimane: sul fronte occupazione c’è una forte difficoltà ad incrociare domanda ed offerta.

All’apparenza sembra quasi un paradosso. Il numero di job applications, di posti vacanti o di offerte di lavoro che dir si voglia, ha raggiunto nel mese di aprile scorso la cifra record di 9,3 milioni, l’equivalente del 6.2% della somma tra posti occupati e posti vacanti (il cosiddetto job openings rate). Secondo i dati riportati dal PIIE il mese di maggio dovrebbe confermare il trend con un job openings rate visto in salita al 6.7%.

Insomma, ci sono tante opportunità di lavoro eppure l’incrocio tra domanda ed offerta non sembra adeguarsi. Fatti 100 i disoccupati nel mese di marzo, solo 24 risultano aver trovato una occupazione nel mese di aprile. Non solo: sempre in aprile il 2.7% dei lavoratori ha deciso di licenziarsi, una percentuale che il Dipartimento del Lavoro USA non aveva mai registrato prima.

Come interpretare questi numeri? Secondo molti economisti quello che sta succedendo nel mercato del lavoro statunitense è guidato da una forte aspettativa di crescita economica del paese. Quel 2.7% di lavoratori che si sono licenziati nel mese di aprile è in larga parte collegato alla maggior fiducia che i cittadini americani nutrono nella possibilità di trovare un’altra occupazione, verosimilmente migliore sia in termini di salario, sia in termini di condizioni lavorative (settimana corta, lavoro da casa, etc…).

Chi può decide di aspettare, sceglie di prendere tempo per non “ingabbiarsi” in scelte sub-ottimali e di considerare con molta più lentezza pro e contro di un’offerta di lavoro. Chi non può, invece, si butta a capofitto sulla prima offerta di lavoro che arriva, ma trattandosi spesso di lavoratori poco qualificati nemmeno in questo caso scatta l’incrocio tra domanda ed offerta. Ed in questo processo di scelta contano poco, pochissimo, i sussidi. Uno studio di Nicolas Petrosky-Nadeau e Robert G. Valletta della Federal Reserve di San Francisco mostra come una percentuale marginale di lavoratori in cerca di occupazione preferisca il sussidio ad una offerta di lavoro. Prendendo il CARES Act USA, il benefit extra di 300 dollari settimanali avrebbe comportato una riduzione del numero di disoccupati in cerca di lavoro al massimo del 3.5%.

Questa “vischiosità” del mercato del lavoro è certamente un fenomeno temporaneo e nei prossimi mesi sembra ragionevole attendersi una forte accelerazione delle assunzioni. Il report ADP di giugno, uscito ieri, ha registrato quasi 700 mila nuove buste paga, vedremo domani i dati ufficiali del Dipartimento del lavoro cosa ci diranno.

Illustrazione di mohamed Hassan

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