G7, conclusioni deboli in vista del COP-26

Il vertice del G7 tenutosi in Gran Bretagna il weekend scorso ha lasciato delusi molti osservatori sul fronte della lotta al cambiamento climatico. E c’è chi pensa che questa debolezza possa condizionare il prossimo vertice COP-26.

La Gran Bretagna ospiterà in novembre – a Glasgow – quello che secondo molti dovrebbe essere l’ultimo appuntamento utile per i 197 paesi partecipanti per mettere in atto un piano in grado di raggiungere gli obiettivi della conferenza di Parigi, ed evitare che a fine secolo la temperatura media del pianeta salga oltre i due gradi centigradi rispetto all’era pre-industriale.

Sui temi del cambiamento climatico di ultimi appuntamenti utili, ultime occasioni od opportunità da non perdere, ne abbiamo visti parecchi; troppi forse. E nel novero delle occasioni sprecate – perchè sovente le ultime chance si trasformano in questo – pare si possa includere anche il vertice del G7 tenutosi lo scorso week end in Cornovaglia, sempre Gran Bretagna protagonista.

Uno dei temi più caldi sui quali si attendevano risposte dal vertice era sicuramente quello relativo alla definizione di una vera e propria moratoria su una delle fonti di energia fossile più inquinanti. Nel presentare il summit, Boris Johnson aveva sottolineato la volontà di chiudere la tre giorni sulle coste inglesi con una data entro la quale i 7 grandi avrebbero detto definitivamente addio al carbone.

Di questa data nel documento finale del vertice non c’è traccia. C’è la consapevolezza che il carbone è una delle principali fonti di emissioni inquinanti; c’è l’impegno ad una riduzione progressiva delle emissioni inquinanti, dimezzandole entro il 2030; c’è l’impegno alla salvaguardia della biodiversità. Ma manca una data per dire addio al carbone. E questo indebolisce la posizione delle grandi economie rispetto alla Cina e rispetto ai 197 paesi del Cop-26.

Evidentemente troppo presi dalla grana cinese, i 7 grandi non stabiliscono una data target nemmeno per il passaggio dalle auto “termiche” alle auto elettriche. Ipnotizzato dalla visionaria “via della seta made in USA” il G7 zoppica ancora sul sostegno economico ai paesi poveri per affrontare i rischi del climate change. Dei 100 miliardi promessi ancora nel lontano 2009, ne sono stati messi a disposizione 80 (dati OCSE 2020), ma per la gran parte in forma di prestiti. Il che, trattandosi di paesi low income, non ne agevola di certo l’utilizzo.

Una posizione debole quella emersa dal vertice che rischia di partorire un COP-26 ancora più debole, ammonisce Greenpeace. Secondo Jennifer Morgan, direttore esecutivo dell’organizzazione no profit, i 7 paesi maggiormente industrializzati hanno perso l’occasione di far valere la loro leadership. Il mezzo passo indietro sul carbone potrebbe rendere molto più complicato convincere l’assise del COP-26 della necessità, estrema necessità, di assumere politiche di riduzione delle emissioni inquinanti in tempi rapidi, anzi da subito.

Foto di topsy_toby98

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