Sostenibilità non è solo ambiente. Sui diritti umani l’ESG scricchiola

Secondo l’ultimo report del Corporate Human Rights Benchmark, solo un terzo delle società appartenenti al settore dell’automotive ha totalizzato un risultato maggiore di zero in almeno uno dei cinque parametri utilizzati per monitorare il rispetto dei diritti umani.

Quando si parla di investimento ESG occorre sempre ricordare che la riduzione delle emissioni dannose nell’atmosfera è solo una parte, importantissima, ma pur sempre una parte, dell’universo della finanza sostenibile.

A ricordarcelo, con dati piuttosto espliciti, è l’ultimo report del Corporate Human Rights Benchmark. Il tema è quello dei diritti umani e del loro rispetto nel lungo e spesso tortuoso percorso dei processi produttivi. Sia l’ONU che l’OCSE hanno stilato una serie di standard ai quali le società dovrebbero rifarsi. Proprio partendo da questi standard il Corporate Human Rights Benchmark valuta annualmente centinaia di società sulla base di 5 parametri. Viene attribuito un valore da zero a 100 ad ogni parametro e la media delle valutazioni da il voto complessivo alla società.

Cosa ci dice il report del 2020? Su 230 grandi società internazionali ben 106 hanno riportato uno zero spaccato in tutti e 5 i parametri presi in considerazione. Il settore dell’automotive – inserito per la prima volta nel report – risulta il peggiore del lotto con ben 2/3 delle aziende considerate – in tutto una trentina – ferme al palo su ogni singolo parametro; le miglior (Ford, PSA e Daimler non raggiungono una valutazione di 50 su 100, solo 7 superano i 20 punti). Risultati scoraggianti che, afferma Camille Le Pors di CHRB, mettono a rischio il raggiungimento degi obiettivi SDGs (Sustainable Development Goals, gli obiettivi di sviluppo sostenibile individuati dall’ONU) entro il 2030.

Aspetto interessante, e preoccupante allo stesso tempo, è l’assoluta non correlazione tra i risultati del settore automotive nel CHRB e quelli riportati nel Climate and Energy Benchmark, un indicatore che misura le performance delle società dal punto di vista della sostenibilità ambientale. Il rapporto cita il caso Tesla: tra i primi posti nel Climate and Energy Benchmark ma nel gruppo di coda del Corporate Human Rights Benchmark.

Camille Le Pors ricorda quanto nel calcolo del benchmark sui diritti umani incida la capacità di una azienda di essere trasparente nelle pratiche adottate e di comunicarle all’esterno. Ma sul tema sembra esserci una certa refrattarietà.

L’Investor Alliance for Human Rights, un’associazione di grandi investitori internazionali che raccoglie capitali per 5,8 trilioni di dollari, nel mese di marzo del 2020, sulla scorta dei risultati del report CHRB 2019, aveva inviato una lettera a 95 società a zero rating, sollecitando un impegno a migliorare le performance in termini di diritti umani. Il monitoraggio del 2020 da parte del CHRB ha rivelato, però, che delle 95 destinatarie della missiva, solo 16 hanno migliorato il proprio rating. Una nuova lettera, si spera con più fortuna, è stata iniviata pochi giorni fa alle 106 società a rating zero emerse nel rapporto 2020.

Foto di Sasin Tipchai

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