Africa, c’è un nuovo problema debito?

La percentuale di debito pubblico rispetto al PIL dei paesi dell’Africa sub-sahariana è praticamente raddoppiato nel giro di un decennio. La situazione non è sfuggita alle analisi dell’FMI che lancia l’avvertimento.

La zona sub-sahariana dell’Africa ha vissuto un decennio molto dinamico. Dal 2010 la crescita vigorosa dei prezzi delle materie prime e l’appiattimento dei tassi di interesse hanno riacceso negli stati africani del sud l’appetito per il debito. Se a questo aggiungiamo la ricerca sempre più affannosa di rendimenti da parte degli investitori internazionali, il quadro è completo. Così dal 27% del PIL del 2010, la quota di debito governativi è arrivata al 50,4% del 2019.

La mappa del debito dell'Africa sub-saharia. Fonte: FMI
La mappa del debito dell’Africa sub-saharia. Fonte: FMI

Nel solo 2019 sono stati emessi dagli stati sub-sahariani titoli per 26 miliardi di dollari. Nel 2018 la raccolta si era fermata a 30 miliardi di dollari. Niente di male nel ricorrere al mercato del credito ma, come per tutti gli operatori economici, la leva del debito è caratterizzata da un punto di non ritorno, oltre il quale aggiungere capitale di terzi distrugge valore anzichè crearlo.

E stando alle parole della direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, la situazione africana tende a preoccupare. I dati FMI dicono che sui 54 paesi del continente 20 (quasi la metà) è in una posizione conclamata o prossima al dissesto finanziario. Cos’è successo?

PIL e debito/PIL nei paesi dell'Africa sub-sahariana
La divergenza tra crescita del PIL (linea arancione) e percetuale del debito sulla ricchezza lorda prodotta (linea blu) nei paesi dell’Africa sub-sahariana. Fonte: FMI

Innanzitutto la crescita delle economie dell’Africa sub-sahariana sta frenando. Meglio ancora si può dire che sta “divergendo”, con alcuni paesi in vigoroso sviluppo (Etiopia in primis) ed altri alle prese con una congiuntura complicata (Sud Africa in testa). Il PIL dell’area è passato da una crescita del 7% del 2010 al 3,22% stimato per l’anno in corso. Un dimezzamento della capacità di creare ricchezza che ha molto a che fare con l’inversione di tendenza nel mercato delle materie prime.

Le tensioni commerciali ed il rallentamento della congiuntura mondiale hanno ridotto le richieste di materie prime e di petrolio, abbassandone i prezzi e di conseguenza riducendo i profitti per i paesi esportatori. L’FMI sottolinea come la maretta sul fronte dei prezzi delle commodities si protrarrà anche nel medio termine.

Anche i cambiamenti climatici rischiano di impattare in maniera sempre più pesante su questi paesi. Siccità diffusa ed eventi atmosferici avversi minano alle radici le fragili economie sub-sahariane. Basti solo pensare ai cicloni Idai e Kenneth abbattutisi in primavera sulla parte a sud-est del continente, portando morte ed una stima di danni attorno ai 2 miliardi di dollari.

Da qui i timori sulla sostenibilità nel medio periodo del debito africano e l’alto rischio contagio che una crisi finanziaria in un paese potrebbe avere sull’intera area sub-sahariana. Il presidente dell’African Development Bank, recentemente intervistato da Bloomberg.com, afferma comunque che la situazione è ancora nei limiti e quindi recuperabile. I governi devono però cominciare ad attuare politiche adeguate di controllo della situazione finanziaria.

Foto di misio

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