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Inflazione “domestica”. Il cerchio magico di salari, produttività e profitti

Cos’è l’inflazione domestica e come influiscono su di essa salari, produttività del lavoro e profitti?

Di inflazione si è parlato tanto e ancora se ne continua a parlare. Tra cali e riaccelerazioni, l’andamento dei prezzi al consumo guida le scelte delle banche centrali ed è in qualche maniera causa ed effetto dell’andamento dell’economia di un paese.

Ma per comprendere appieno la sua importanza e saper interpretare il suo andamento, è essenziale distinguere tra diversi tipi di inflazione e analizzare i fattori che la influenzano. Allora proviamo, sperando di riuscirci, a spiegare alcuni concetti che potrebbero essere utili quando leggerete il prossimo resoconto sulle decisioni della BCE o della FED. Spunto per questo post è questo interessante articolo pubblicato sul blog della BCE.

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Non tutta l’inflazione dipende da quello che accade all’interno di un paese. Se il prezzo del petrolio aumenta per l’accendersi di tensioni in Medio Oriente, o se quello del caffè sale per colpa di una produzione scarsa in Brasile, anche la benzina con cui facciamo il pieno o il caffè che beviamo al mattino costerà di più. Per questo motivo si è soliti estrapolare dal dato sull’inflazione la cosiddetta inflazione “domestica”. Questa si riferisce all’aumento generale dei prezzi dei beni e (soprattutto) servizi realizzati internamente in un paese. Questo tipo di inflazione è influenzato da fattori interni come la domanda dei consumatori, i costi di produzione (compresi i salari), la produttività del lavoro e le politiche fiscali.

Dal punto di vista delle banche centrali è chiaro che la valutazione dell’efficacia della politica monetaria deve basarsi soprattutto sull’andamento dell’inflazione “domestica”, in quanto totalmente generata da fattori interni e quindi influenzabili. Quali sono questi fattori? I principali sono tre: salari, produttività del lavoro e profitti.

Un aumento dei salari può incrementare il potere d’acquisto dei lavoratori, aumentando la domanda di beni e servizi. Se l’offerta non riesce a tenere il passo con la domanda crescente, i prezzi possono aumentare, generando inflazione.

Anche la produttività del lavoro, intesa come numero di unità di prodotto per singolo lavoratore, ha un effetto sull’inflazione. Per la precisione un effetto inverso. Un aumento della produttività significa che più beni e servizi vengono prodotti con lo stesso numero di lavoratori. Il che significa, in altri termini, che un’unità di prodotto costa meno. Questo può aiutare a contenere l’inflazione, poiché l’aumento dell’offerta può bilanciare la domanda crescente e l’aumento dei salari, stabilizzando i prezzi.

Anche i profitti possono influire sul livello dei prezzi al consumo. Questo accade quando a fronte di un aumento dei costi di produzione o ad una diminuzione della produttività, l’impresa sceglie di mantenere stabile il livello di profitti e di conseguenza aumenta i prezzi di vendita, o come si è soliti dire, passa i maggiori costi al consumatore finale.

Questi tre elementi interagiscono tra loro e la loro somma algebrica influenza l’andamento dell’inflazione “domestica”. Per questo motivo le banche centrali monitorano con attenzione l’andamento dei salari e dei profitti e pubblicano regolarmente report sul costo del lavoro, dato nel quale viene evidenziata anche la produttività.

Foto di Gerd Altmann

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