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Su due lunedì neri ed un trend che (al momento) non cambia

Due settimane di agitazione sui mercati finanziari non devono far venir meno il focus sui fondamentali dell’economia statunitense.

Su mercati finanziari, si sa, molto spesso basta una nuvola per far gridare al temporale. Ed è un po’ questo il riassunto di quanto accaduto nelle ultime due settimane. Prima con il “caso” DeepSeek, poi con le fughe in avanti di Trump sul fronte dazi.

In un’epoca nella quale il sensazionalismo la fa sempre più da padrone, quasi fosse l’unico modo rimasto per rendersi interessanti, quanto successo è bastato per scatenare il manipolo dei catastrofisti. Ma chi a tutto questo frastuono non vuole abituarsi,

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Una vecchia regola dell’analisi tecnica, ma vi assicuro vale in mille altri contesti, dice che una tendenza non è finita fino a che non si manifestano chiari segnali di rottura (si, è uno dei sei principi della teoria di Dow). Vale certamente per l’andamento dei principali listini azionari statunitensi, ma vale anche per l’andamento delle variabili macroeconomiche degli Stati Uniti.

L’economia cresce su ritmi superiori al 2%, l’inflazione continua nel suo lento ritorno verso il target, la spinta inflazionistica dei salari si fa più debole anche grazie ad una maggior produttività del lavoro, il numero di occupati cresce ancora sopra la media di lungo termine.

A questo potremmo aggiungere un miglioramento della manifattura che tenta di uscire da una lunga fase di contrazione ed un settore dei servizi che tutto sommato rimane in zona espansione. Se non bastasse, potremmo parlare degli utili aziendali, magari non splendidi come qualche trimestre fa, ma sempre in crescita.

Attenzione, non stiamo dicendo che l’economia statunitese sia lanciata verso la sbandierata nuova età dell’oro. Stiamo semplicemente applicando il principio della legge di Down (e del buonsenso): al momento non ci sono elementi che segnalino pericoli per la crescita economica statunitense. Sul fronte dei mercati finanziari c’è, innegabile, un’alta valutazione delle azioni statunitensi, ma il trend rialzista, al momento, non appare per nulla scalfitto dai ripetuti momenti di rosso intenso vissuti tra fine 2024 ed oggi.

Una recente analisi di KbMeter mostra come nell’ultimo periodo il Russell 3000, un indice che rappresenta il 98% della capitalizzazione della borsa statunitense, abbia sovraperformato l’S&P500. E se volessimo entrare ancora più nel dettaglio, dovremmo ammettere che larga parte dei recenti movimenti del principale listino statunitense sono stati dettati dalle big del settore tecnologico.

Ma allora cosa ci insegnano le reazioni pesanti degli investitori alle minime avvisaglie di negatività? Che i nervi sono tesi. Quando si arriva a mettere assieme un filotto di due anni consecutivi con una crescita a doppia cifra, la sensazione che tutto possa scivolar via diventa asfissiante e la minima stonatura fa scattare un campanello d’allarme. Il settore tecnologico e le criptovalute sono gli anelli deboli della catena, la valvola di sfogo nel caso la pressione diventi troppo elevata. Ed è per questo che vanno trattati con molta circospezione.

Foto di StockSnap

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