Dopo il mezzo fallimento della COP29, tutta la tematica relativa al cambiamento climatico sembra entrata in una fase molto critica. In questo senso, il 2025 è destinato ad essere un anno di appuntamenti importanti. Da un lato le decisioni nella nuova amministrazione statunitense, dall’altro gli attesi passi indietro – per molti versi imbarazzanti – dell’Unione Europea su deforestazione e automotive. Un veloce susseguirsi di alti e bassi che porterà, nel novembre prossimo, alla COP30 ospitata dal Brasile: ennesima ultima occasione per provare a riavvicinare il target degli accordi di Parigi.
In questo scenario, certamente non esaltante, la ricerca tecnologica proverà comunque a macinare altra strada. Ecco allora quali, a detta degli analisti, potrebbero essere i temi chiave del nuovo anno per quel che riguarda la tecnologia applicata al climate change.
Il doppio ruolo dell’intelligenza artificiale. Chi se non lei, l’intelligenza artificiale, può essere la protagonista principale. E lo sarà in una duplice veste: da un lato come utile strumento per ricercare soluzioni in grado di ridurre le emissioni inquinanti; dall’altro come tecnologia da alimentare sempre di più con energia pulita. Gestione delle reti elettriche e progressi nel campo dell’energia nucleare sono solo due dei tanti spunti che potrebbero svilupparsi nell’anno appena iniziato.
Idrogeno e cattura dell’anidride carbonica, troppo costosi. Se l’IA sarà la grande protagonista, ci sono alcune tecnologie che rischiano di tornare nel cassetto a causa di costi di sviluppo troppo elevati. Secondo gli analisti questo potrebbe essere il caso della produzione di idrogeno pulito e della cattura dell’anidride carbonica in atmosfera. Il prezzo di un chilogrammo di idrogeno green, stando alle proiezioni al 2050 elaborate da BNEF, oscillerà tra gli 1,60$ e i 5,09$; la stessa quantità di idrogeno prodotto con tecnologie “inquinanti” costerà tra gli 1,1$ e i 2,35$.
Per l’idrogeno, così come per la cattura della CO2, servirebbe un piano di investimenti privati e pubblici importanti, ma con profili di costo così elevati è difficile individuare prospettive di profitto in grado di attirare investitori. Senza contare che il cambio dello scenario politico rischia di togliere parecchie risorse pubbliche dal piatto.
Dal nucleare ai tessuti senza PFAS, le tendenze emergenti. Ma la ricerca non si ferma. E così spuntano nuove interessanti tendenze che nel 2025 potrebbero sviluppare radici. È il caso, ad esempio, della produzione di tessuti senza l’utilizzo dei famigerati PFAS. Dal primo di gennaio scorso, negli stati della California e di New York, è vietata la vendita di capi di abbigliamento per la cui produzione siano stati intenzionalmente utilizzati PFAS. Una mossa che potrebbe essere seguita da altri governi e altri stati, anche al di fuori degli USA.
Auto elettriche, chi fermerà la Cina? La risposta è probabilmente nessuno. Nel 2024 (sempre dati BNEF) il 65% delle auto elettriche vendute nel mondo era cinese. Difficile ipotizzare cambi di tendenza repentini, difficile che si possa recuperare terreno e smantellare economie di scala e tecnologia acquisita solo a colpi di dazi sulle importazioni di auto elettriche made in China. La risposta che i legislatori daranno a questa complicatissima vicenda, che riguarda un intero settore, quello dell’automotive ed il suo indotto, avrà ripercussioni sui prezzi di molte materie prime. Petrolio in primis.
Fotovoltaico in rallentamento. L’energia solare rimane la principale componente del mix di produzione elettrica di molti paesi mondiali. Il 2024 è stato un anno di grande espansione. Secondo BNEF la crescita del mercato del fotovoltaico ha superato il 30% nell’anno appena concluso, ma rallentamenti sono da mettere in conto per il 2025. Una delle principali cause di questa parziale frenata è da ricercare nell’inadeguatezza delle reti di trasporto e nella limitata capacità di stoccare l’energia prodotta in eccesso. Colli di bottiglia che vanno risolti per evitare di perdere tempo prezioso e smorzare l’entusiasmo e gli investimenti.
La politica. Inutile girarci intorno, per continuare lo sviluppo di tecnologia in grado di contrastare il climate change servono soldi ma soprattutto volontà politica. È questa, in definitiva, che può creare il terreno fertile dal quale far nascere e crescere l’innovazione. È la volontà politica che può indirizzare le scelte di produzione e di consumo, plasmare nuove generazioni eco-consapevoli e facilitare gli investimenti. La delicata fase storica che stiamo attraversando non aiuta.
Foto di Solarimo