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Emissioni dannose in atmosfera, picco raggiunto ma…

Secondo l’ultimo report di DNV nel 2024 dovremmo raggiungere il picco di emissioni dannose in atmosfera, ma la discesa si prevede meno rapida di quanto sarebbe necessario.

Mentre gli Stati Uniti affrontano le conseguenze di uno degli uragani più potenti degli ultimi decenni, e l’Europa ha assistito all’arrivo della tempesta tropicale Kirk, entrambi eventi influenzati dal cambiamento climatico, arrivano nuovi numeri sul fronte della lotta alle emissioni dannose in atmosfera che di quel cambiamento sono la causa principale.

La società norvegese DNV ha pubblicato pochi giorni fa il suo ultimo Energy Transition Outlook, un report dedicato alle prospettive della transizione energetica da qui al 2050. Il documento è un mix di luci ed ombre. Se infatti da un lato i numeri indicano che il picco delle emissioni dannose in atmosfera dovrebbe essere raggiunto quest’anno, dall’altro lo studio avverte che la discesa da quel picco potrebbe essere molto più lenta del previsto.

Secondo DNV le emissioni di anidride carbonica in atmosfera sfioreranno nel 2024 i 35 miliardi di tonnellate e cominceranno poi a scendere per raggiungere una riduzione del 49% entro il 2050, ben distante quindi dai target fissati dall’accordo di Parigi. Il contributo maggiore a questa riduzione dovrebbe arrivare dal Nord America che, si legge nel report, passerebbe dalle quasi 15 miliardi di tonnellate di CO2 emesse all’anno a poco meno di 5 miliardi entro il 2050.

Ad innescare la discesa delle emissioni sarà soprattutto la riduzione dei costi delle energie rinnovabili. Il costo al MegaWatt/Ora del fotovoltaico, ad esempio, è visto passare dagli attuali 32.9 dollari ai 27 del 2030. Al contrario quello di petrolio e gas naturale si manterrebbe costantemente sopra gli 80 dollari. Ma mentre i costi si abbassano non si intravede, osserva DNV, una nuova spinta sugli investimenti nel settore del rinnovabile. La capacità installata dovrebbe “solo” raddoppiare entro il 2030, mentre il target fissato dalla COP28 ne prevedeva la triplicazione.

E’ indubbio che le complicazioni sorte nell’attuale scenario macroeconomico, unite alle tensioni geopolitiche, stanno creando incertezza in un tessuto produttivo, in generale, poco preparato alla transizione energetica e che si agita spaurito di fronte alle nuove normative. I governi reagiscono provando a rassicurare ed abbassando i target fissati con troppa foga ed in alcuni casi con poca lungimiranza. A perdere sono gli investimenti, anche i più promettenti; come l’idrogeno e la cattura dell’anidride carbonica, ad esempio.

Secondo DNV il contributo dell’idrogeno alla produzione globale di energia nel 2040 sarà inferiore all’1.5%, in calo rispetto al 2.6% stimato nel 2023. A bloccare lo sviluppo di questo carburante pulito è soprattutto il suo costo di produzione. Problema che affligge anche lo sviluppo della tecnologia per la cattura dell’anidride carbonica in atmosfera.

Foto di ymyphoto

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