Una FED “a muso duro” riaccende il rischio recessione

Nelle audizioni a Capitol Hill di questa settimana, il governatore della Fed annuncia nuovi rialzi dei tassi e sui mercati si riaccende il rischio recessione.

Seguire i mercati finanziari nelle ultime settimane è diventata attività foriera di soventi cefalee. Gli investitori sembrano intrappolati nel dibattito su inflazione, tassi, recessione ed oscillano tra spunti di ottimismo – inteso come Fed morbida ed inflazione in ridimensionamento – e momenti di forte preoccupazione sulle sorti dell’economia nei prossimi mesi. Una situazione che generà volatilità, a sua volta amplificata dal sempre più massiccio ed ingombrante utilizzo degli algoritmi nelle contrattazioni.

L’ultimo episodio di questa lunga serie si è svolto martedì scorso. Protagonista Jerome Powell nel ruolo, suo malgrado, del cattivo di turno (in ottica mercati), visti i dati macro non positivi per l’andamento dei prezzi: consumi che continuano a resistere e mercato del lavoro che non ne vuole sapere di calmarsi. Così, nel consueto appuntamento con l’audizione a Capitol Hill, il governatore della Fed ha deciso di affrontare a muso duro i mercati lanciando due fendenti non da poco: rialzo dei tassi sostanzioso a marzo ed ending point della fase restrittiva spostato un po’ più in alto rispetto a quanto il board ipotizzava in precedenza, passando dal quasi 5% stimato a dicembre ad un più sostanzioso 5.6%. E secondo gli analisti di BlackRock si tratterebbe addirittura di un valore prudente, conviti che i Fed Funds possano toccare il 6% e mantenerlo a lungo.

I mercati non se lo sono lasciati dire due volte: il rendimento del treasury a due anni è tornato a vedere quota 5% per la prima volta dal 2007, mentre quello dei titoli di stato USA a 10 anni si è riavvicinato a quota 4%. Risultato: l’inversione della curva dei rendimenti si è fatta ancora più ripida ed il differenziale tra le due scadenze ha toccato i livelli dell’era Volcker (si, proprio lui: il governatore FED che battè la grande inflazione di inzio anni 80 dello scorso secolo). E torna così ad agitarsi lo spettro della recessione.

Eccola la parola magica che guida ora il sentiment dei mercati: recessione. Qualche analista la intravede avvicinarsi osservando le dimensioni del calo degli investimenti nell’immobiliare. In passato, sostiene ad esempio Dhaval Joshi (BCA Research) – intervistato dall’Economist – situazioni simili sono state preludio di un fase recessiva per l’economia statunitense. Qualcuno mette sul tavolo anche la carta del limite di debito federale, un argomento che ravviverà i dibattiti nelle prossime settimane. Altri attendono il cadavere seduti sulla riva del fiume, dove per cadavere si intendono profitti aziendali più magri ed il posto da cui osservali sarà il prossimo mese di aprile.

Ma attenzione, lo scenario potrebbe cambiare nel giro di pochi giorni. Domani, infatti, arriveranno i dati sul mercato del lavoro statunitense nel mese di febbraio ed un nuovo giro di valzer potrebbe cominciare.

Foto di Federal Reserve

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