USA-Cina, la guerra commerciale entra nel vivo

Scattano oggi i dazi voluti dall’amministrazione Trump sui prodotti cinesi. Una mannaia da 34 miliardi di dollari che pare essere solo la prima rappresaglia di una lunga guerra commerciale tra i due colossi.

La strategia della Casa Bianca sembra abbastanza chiara. Decisioni unilaterali, toni altissimi e azioni inaspettate. Il tutto con la speranza di costringere il destinatario della rappresaglia a sedersi al negoziato con le mani in alto.

Un sistema discutibile, non c’è dubbio, ma è lo “stile” Trump e, volenti o nolenti, dobbiamo abituarci a questo tipo di approccio. La faccenda dazi sta entrando in una nuova fase. Proprio oggi, infatti, scattano nuovi balzelli sui prodotti importati dalla Cina, una serie di imposizioni che valgono circa 34 miliardi di dollari e che, a sentire il presidente Trump, sono solo i primi di una serie.

Le parole di Trump, raccolte sull’AirForce One da CNN e CNBC, sono abbastanza chiare: “Poi ne abbiamo altri 16 miliardi entro due settimane. E poi altri 200. E dopo i 200 altri 300 miliardi di dollari. Dipende dalla Cina.”

Forse cifre esagerate ma rendono bene l’idea. Siamo di fronte ad una sfida a poker, un gioco al rialzo che può diventare molto pericoloso. Se è vero che la dipendenza dalla Cina delle società americane è solo del 4% (dati Morgan Stanley), è altrettanto vero che un intero settore, quello tecnologico, rischia pesantemente, questo perchè molte componenti dei prodotti made in USA sono in realtà prodotte proprio in Cina. Di quel 4% ricordato prima, il settore tecnologico è parte importante; Qualcomm, ad esempio, realizza in Cina oltre il 60% del suo fatturato.

Dalle parti di Pechino non sono certo rimasti a guardare. “Gli Usa stanno aprendo fuoco sul mondo” ha dichiarato il ministro per il commercio estero cinese, facendo notare che le conseguenze di una guerra commerciale potrebbero assumere dimensioni globali. Già da qualche giorno la Cina ha deciso di togliere i dazi all’importazione di soia a diversi paesi limitrofi e questo potrebbe essere un segnale che il cereale rischia di finire invischiato nella contesa. Di certo la Cina non starà a guardare e questo potrebbe essere il segnale capace di frenare l’arrembante offensiva USA.

Ma quali potranno essere gli effetti di una escalation? Ferme restando le ovvie ripercussioni sui mercati finanziari, l’effetto concreto lo hanno stimato FMI e BCE. Per il primo un aumento del 10% delle tariffe su tutti beni importati negli Stati Uniti (2,3 trilioni di dollari) potrebbe deprimere la crescita mondiale dello 0,5%. Per la Bce l’effetto potrebbe superare anche l’1%.

Come finirà? Rispondere a questa domanda, al momento, presenta lo stessa difficoltà di individuare il vincitore di una partita a poker.

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