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Il Jobs Act ha fallito? Dipende…

Avrete avuto già modo di leggere i dati pubblicati dall’osservatorio INPS sul precariato e di come le assunzioni nei primi 8 mesi del 2016 siano calate di 351000 unità rispetto allo stesso periodo del 2015.  Il dato più rumoroso riguarda la forte riduzione dei contratti a tempo indeterminato, il 32,9% in meno rispetto al 2015.Il dato, commenta l’INPS, è da legare al differente quadro fiscale tra il 2015 ed il 2016. L’anno scorso le assunzioni beneficiavano del bonus contributivo integrale mentre nel 2016 tale vantaggio è nettamente inferiore (solo il 40% dei contributi).

La reazione, quella politica in primis, non si è fatta attendere con un nuovo attacco alla riforma del mercato del lavoro del governo Renzi. La sofferenza dei contratti a tempo indeterminato non sfugge alle statistiche da molti mesi a questa parte e fa da contraltare ad un ricorso sempre più massiccio ai voucher.

E davvero colpa del Jobs Act? Dipende si diceva nel titolo, vediamo perchè.  Può una legge che regolamente il lavoro creare lavoro? Se isolata dal contesto a questa domanda la maggior parte delle persone risponderebbe di no. Una buona legge –  e non ci interessa qui indagare – può eliminare alcuni ostacoli che impediscono alle dinamiche del mercato del lavoro, all’incrocio tra domanda ed offerta, di arrivare ad un punto di equilibrio. Ma a creare posti di lavoro ci pensa quel numero, per noi italiani tanto stiracchiato, che va sotto il nome di PIL. Se la ricchezza cresce, cresce anche l’occupazione, punto.

Il boom dei voucher, elemento pesantemente negativo, è la conseguenza di una mancanza di strumenti intermedi per affrontare periodi di ciclo economico nel quale, per le aziende, le commesse non coprono che qualche mese e non c’è spazio per investimenti a lungo termine.

Se perciò l’intento era quello di veder aumentare i contratti a tempo indeterminato solo perchè sgravati da contributi allora il fallimento è sotto gli occhi di tutti. Se, al contrario, la riforma tendeva a ridurre gli atriti tra domanda ed offerta di lavoro allora non abbiamo ancora gli strumenti per giudicarne la bontà e dobbiamo solo chiederci se il nodo centrale della faccenda, ossia la bassa crescita, sia al centro dell’agenda politica.

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