Nel 1973 l’economista statunitense Charles Kindleberger pubblicò in un libro, “The World in Depression, 1929–1939“, la summa dei suoi studi sul periodo della grande depressione scatenatasi tra le due guerre mondiali. La sua analisi, come successo anche per un altro suo lavoro sulle bolle speculative, è tornata di attualità in questi ultimi mesi. In particolare si è ricominciato a parlare del rischio che nell’attuale scenario geopolitico ed economico si possa formare la cosiddetta Kindleberger Trap. Proviamo a spiegare di cosa si tratta.
Tutto ruota attorno a quella che Kindleberger chiama “potenza stabilizzatrice”. Per funzionare correttamente il sistema economico internazionale ha bisogno di una nazione o di una istituzione che si assuma il compito di essere una potenza stabilizzatrice e che svolga cinque funzioni chiave:
- Fornire beni pubblici internazionali, come regole del commercio, sicurezza marittima, stabilità monetaria.
- Mantenere mercati aperti per l’esportazione dei beni degli altri paesi.
- Fornire una valuta internazionale stabile e accettata.
- Prestare in caso di crisi, agendo come lender of last resort (prestatore di ultima istanza).
- Coordinare politiche macroeconomiche globali.
Quando viene meno la figura della potenza stabilizzatrice il sistema economico entra in fibrillazione e rischia di cadere in una trappola fatta di conflittualità e di bassa crescita.
Kindleberger sosteneva che una delle principali cause dell’intensità e della durata della crisi economica degli anni ’30 fu l’assenza di una potenza egemone disposta ad assumersi la responsabilità della stabilità economica globale. Durante quel periodo, infatti, il Regno Unito, tradizionale potenza egemone del XIX secolo, era in declino economico e incapace di svolgere il ruolo di guida. Allo stesso tempo gli Stati Uniti, divenuti ormai la più grande economia del mondo, non vollero assumere quel ruolo, perseguendo invece politiche economiche protezionistiche (come il tariffario Smoot-Hawley) e isolazioniste.
Questo vuoto di leadership portò a una serie di azioni scoordinate tra gli Stati, come l’adozione diffusa di dazi doganali, la corsa alla svalutazione competitiva delle valute, e l’assenza di meccanismi di sostegno finanziario tra paesi. Il risultato fu un collasso del commercio internazionale, il tracollo di molte economie nazionali e un prolungamento della depressione globale. Il mondo, osservava l’economista, era caduto nella Kindleberger Trap, indebolito dall’assenza di governance globale e cooperazione.
Anche riassunta per sommi capi la tesi di Kindleberger colpisce per la grande quantità di agganci con la situazione geopolitica attuale. Il disimpegno statunitense, la debolezza europea e la non volontà cinese di prendersi un ruolo di guida globale, negli ultimi anni, sono stati considerati campanelli d’allarme per il possibile formarsi di una nuova trappola foriera di tensioni commerciali, guerre e poca crescita economica.
Il concetto di Kindleberger Trap è valido non solo sul piano politico/economico, ma anche sul quello finanziario. La mancanza di coordinamento e di un’istituzione in grado di stabilizzare i mercati può portare a forti turbolenze e a una vera e propria crisi finanziaria. A ricordarcelo è un recente studio di Bob McCauley, pubblicato dal CEPR. L’autore evidenzia come la Federal Reserve statunitense abbia svolto un ruolo cruciale durante le crisi finanziarie del 2008 e del 2020, fornendo liquidità in dollari attraverso linee di swap con altre banche centrali. Tuttavia, esprime preoccupazione per la possibilità che, in futuro, la Fed possa non essere disposta o in grado di continuare a fornire questo supporto, lasciando il sistema finanziario globale vulnerabile e senza la famosa potenza stabilizzatrice.
Per evitare questa situazione, McCauley propone la creazione di una “coalizione del dollaro”, composta da banche centrali come la Banca Centrale Europea, la Banca del Giappone, la Banca d’Inghilterra, la Banca Nazionale Svizzera e la Banca del Canada. Questa coalizione potrebbe collaborare per fornire liquidità in dollari durante le crisi, utilizzando le loro riserve e l’accesso a strumenti come il FIMA repo facility della Fed. Sebbene questa soluzione non possa sostituire completamente il ruolo della Fed, rappresenterebbe un passo importante per garantire la stabilità finanziaria globale in assenza di una leadership unilaterale.
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