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Democracy Index 2024: un altro anno difficile per la democrazia

L’edizione 2024 del Democracy Index è un monito per il futuro. Mentre assistiamo a un progressivo indebolimento delle democrazie in molte parti del mondo, è necessario che ogni attore, a livello locale e internazionale, si impegni per proteggere e rafforzare quei principi fondamentali che permettono di convivere in una società libera e giusta.

L’edizione 2024 del Democracy Index, curata dall’Economist Intelligence Unit (EIU), offre uno spaccato inquietante della situazione democratica nel mondo. Con il punteggio medio globale al livello più basso mai registrato, questo rapporto mette in luce come, nonostante alcuni segnali di miglioramento in certe aree, la tendenza generale sia quella di un progressivo deterioramento della qualità democratica.

Una delle rivelazioni più allarmanti del rapporto 2024 è che oltre un terzo della popolazione mondiale vive oggi sotto regimi autoritari, mentre soltanto il 6,6% degli abitanti del pianeta gode appieno delle caratteristiche di una “democrazia piena”. Questi numeri non solo indicano una regressione nel panorama democratico, ma evidenziano anche come le tendenze autoritarie stiano guadagnando terreno a livello globale.

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Un aspetto sorprendente riguarda le variazioni regionali: mentre la maggior parte del mondo sembra scivolare verso forme di governo meno partecipative e più controllate, l’Europa occidentale si distingue per un lieve incremento del proprio punteggio medio, anche se di appena 0,01 punti. Questo minimo miglioramento suggerisce che, nonostante le sfide comuni a livello globale, alcune istituzioni riescano a mantenere un grado di stabilità e impegno verso i valori democratici.

Tra i casi più significativi, si segnala come gli Stati Uniti continuino a essere classificati tra le “democrazie imperfette”. Il paese, infatti, nonostante le sue tradizioni democratiche, evidenzia ancora problemi legati al funzionamento delle istituzioni e a una crescente sfiducia nei confronti della classe politica.

Un ulteriore esempio viene offerto dalla Corea del Sud, dove il recente passaggio dalla categoria delle democrazie piene a quella delle democrazie imperfette ha destato non poche preoccupazioni. Le tensioni politiche e l’inasprimento delle misure di controllo, come la dichiarazione dello stato di emergenza in risposta a eventi interni, hanno sottolineato l’instabilità che, in alcuni casi, può minacciare i principi democratici anche in nazioni tradizionalmente considerate modelli di buon governo.

Al contrario, esempi positivi si riscontrano in paesi come la Repubblica Ceca, l’Estonia e il Portogallo, che hanno compiuto notevoli progressi. Questi stati sono riusciti a rafforzare le proprie istituzioni e a consolidare un clima di maggior rispetto per le libertà civili, riuscendo così a guadagnare il riconoscimento come democrazie piene. Questi miglioramenti dimostrano che, con riforme mirate e una forte volontà politica, è possibile invertire la rotta e promuovere una governance più aperta e partecipativa.

Di fronte a un quadro globale in cui la qualità della democrazia sembra peggiorare, è indispensabile riaccendere il dibattito sui valori fondamentali che sostengono le società libere. La sfida consiste nel rafforzare le istituzioni, promuovere una maggiore partecipazione politica e garantire che le libertà civili non diventino privilegio di pochi, ma un diritto riconosciuto a tutti.

Il rapporto evidenzia come il percorso verso una democrazia piena sia tutt’altro che lineare. Le crisi, le tensioni interne e le pressioni esterne possono facilmente far vacillare anche i sistemi politici più consolidati. Tuttavia, il fatto che alcuni paesi siano riusciti a migliorare la propria posizione rappresenta un segnale positivo: l’impegno e la determinazione possono davvero fare la differenza

Foto di Gerd Altmann

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