Secondo uno studio della FED di San Francisco, l’aumento degli episodi di ondate di calore negli USA può portare ad una riduzione della produttività, specie nel settore delle costruzioni, e ridurre la crescita nel lungo periodo.
L’India è al centro dell’attenzione mondiale, non solo per l’importante appuntamento elettorale che sta ridisegnando il parlamento del paese, ma anche per un’ondata di caldo senza precedenti che sta colpendo in particolare la zona settentrionale. Qui il termometro sfora da settimane i 40° gradi centigradi e si contano almeno un centinaio di decessi correlati alle alte temperature. Una situazione drammatica che ha conseguenze anche economiche, dalla riduzione delle produzioni agricole ai maggiori consumi elettrici.
Quanto accade in India è probabilmente la punta dell’iceberg di un problema per molti versi ancora sottovalutato. L’aumento della frequenza e dell’intensità delle ondate di calore rischia di travolgere interi settori produttivi nei prossimi decenni, mettendo a rischio posti di lavoro e crescita. A ricordarcelo è anche uno studio diffuso nelle scorse settimane dalla Federal Reserve di San Francisco. Il paper, opera di Gregory Casey, Stephie Fried e Matthew Gibson, mostra come le ondate di calore influenzino la produttività dei vari settori economici, e come questa variazione di produttività possa trasformarsi nel lungo termine in una perdita di ricchezza prodotta dal paese.
Il settore più critico, osservano gli autori dello studio, è quello delle costruzioni visto che la gran parte dei suoi occupati svolge mansioni all’aperto ed il suo contributo all’economia del paese è significativo, soprattutto in termini di investimenti. La catena di trasmissione è semplice: l’aumento delle ondate di calore riduce le ore lavorabili e di conseguenza la produttività degli occupati nel settore. La diminuzione di produttività si traduce in minore output che a sua volta si trasforma in una riduzione della voce investimenti nella formula del PIL.
I dati elaborati dal modello proposto da Casey e dai suoi colleghi sono significativi. In uno scenario nel quale non si incrementano considerevolmente gli sforzi per la riduzione delle emissioni inquinanti, l’aumento degli episodi di ondate di calore potrebbe ridurre, entro il 2200, la crescita del capitale di oltre 5 punti percentuali ed i consumi di quasi due punti percentuali. Effetti che subirebbero una netta accelerazione da fine secolo in poi, considerando che la perdita di capitale al 2100 è stimata all’1.4%.
Illustrazione di Gerd Altmann