Sfondo scuro Sfondo chiaro

Banche centrali verso un autunno di tagli?

Per le banche centrali i prossimi mesi potrebbero essere carichi di novità, ma sarà un autunno di tagli?

Fare previsioni in un momento storico come questo è sicuramente un esercizio ad alto rischio, ma sul fronte della politica monetaria ci sono un po’ di indizi che non si possono ignorare. Quindi, con tutta la prudenza e le pinze del caso, proviamo a vedere quali scenari si stanno aprendo di fronte alle principali banche centrali mondiali, anche e soprattutto alla luce delle più recenti riunioni.

Partiamo da quello che sembra essere un mantra adottato da tutti i board, vale a dire quell’approccio che potremmo definire “data driven”. Ci stiamo riferendo alla ritrosia, giustificata, da parte degli istituti centrali di fornire un percorso chiaro e definito per quel che riguarda l’andamento dei tassi nel futuro. E questo significa non solo non avere indicazioni sui tempi delle prossime mosse di politica monetaria, ma anche una loro quantificazione. Tutto dipenderà dai dati macroeconomici che arriveranno sulle scrivanie dei governatori: inflazione, mercato del lavoro, andamento della domanda e rischi geopolitici.

Il secondo aspetto che merita di essere ricordato potremmo rubricarlo alla voce inflazione importata. Quando una banca centrale abbassa i tassi di interesse rende, per così dire, meno allettante la propria valuta che di conseguenza tende a svalutarsi rispetto a valute di paesi con tassi di interesse più elevati. Questa regola generale, ricchissima di eccezioni, è al centro dei pensieri dei banchieri di mezzo mondo, FED esclusa. Abbassare i tassi prima che lo facciano gli USA significherebbe mettere in conto un rafforzamento del dollaro, ossia della valuta maggiormente utilizzata negli scambi internazionali. Per farla breve anticipare troppo le mosse rispetto alla FED potrebbe rendere più costose le importazioni e quindi avere un effetto negativo sull’andamento dell’inflazione, rallentandone la discesa verso il target. Dall’altro lato un dollaro forte abbassa i costi delle importazioni ed ha quindi un effetto decisamente positivo sui prezzi al consumo (specie per un paese che ha nella domanda interna un motore potentissimo per la crescita). Da queste poche righe si intuisce quale delicata partita a scacchi si stia giocando e quanto sia più che necessario – anche se nessuno oserà mai dirlo – un minimo di coordinazione nel normalizzare la politica monetaria delle principali economie mondiali.

Ma allora, tutto ciò premesso, cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi mesi? Sarà per le banche centrali un autunno di tagli o cos’altro? Le ultimissime riunioni sembrano dirci che tra giugno e settembre avremo sicuramente delle novità. La prima a muoversi dovrebbe essere la BCE con un taglio non troppo corposo già a giugno. A stretto giro potrebbe intervenire anche la banca centrale inglese, mentre il primo mese d’autunno vedrebbe aggiungersi alla compagnia la FED, il Canada e l’Australia. Sarà una prima mossa che necessiterà di un lungo monitoraggio e difficilmente, a meno di soprese, vedremo ulteriori tagli prima della fine dell’anno.

Resta aggiornato

Gli ultimi articoli di Ekonomia.it direttamente nella tua casella mail. Iscriviti qui sotto.
I dati trasmessi attraverso questo modulo sono trattati secondo la nostra privacy policy, in linea con la normativa vigente. Per nessun motivo verranno ceduti a terze parti o utilizzati per l'invio di messaggi di natura commerciale.
Post precedente

Fiducia consumatori USA, sale ancora l'inflazione attesa

Post successivo

Il ritorno dei buyback, un segnale positivo?

Pubblicità