Russia-Ucraina, la lunga guerra delle sanzioni e l’arma (veloce) dello Swift

La Russia invade l’Ucraina e l’occidente risponde a colpi di sanzioni economiche. Ma i loro effetti sono di medio/lungo periodo e si pensa all’arma “veloce” dello SWIFT.

Mentre scrivo questo post l’esercito russo è alle porte di Kiev e le residue forze ucraine stanno preparando la resistenza. Nel frattempo un fronte di paesi cappeggiato dagli USA sta mettendo in campo una serie di sanzioni economiche da imporre alla Russia, con l’intento di indurla a fermare l’attacco e uscire dai confini dell’Ucraina. Quella che potrebbe essere una guerra economica su larga scala vede la possibilità di utilizzare diverse tipologie di “armamento”: da armi quasi-simboliche fino ad arrivare a vere e proprio bombe nucleari.

Aiutandoci con l’ottimo lavoro confezionato dal think tank belga Bruegel*, vediamo qual è la situazione sul campo attraverso un po’ di numeri.

La struttura finanziaria della Russia è significativamente cambiata nell’ultimo decennio. Da un lato la banca centrale ha accumulato riserve di liquidità, dall’altro si è proceduto ad una riduzione dell’esposizione verso il dollaro USA, virando verso rublo, oro ed euro. Ad oggi le riserve in moneta estera della banca centrale russa, vale a dire un serbatoio di liquidità da usare in caso di emergenza, ammontano a oltre 600 miliardi di dollari, pari al 40% del PIL russo, o al 50% delle riserve detenute da tutti gli istituti centrali nazionali europei messi assieme. Sul fronte del debito, molto basso in rapporto al PIL, si è passati da una percentuale del 25% di obbligazioni governative denominate in valuta estera nel 2014, al 16% del 2018. Considerando debito pubblico e privato, sempre riprendendo i dati Bruegel, le percentuali di esposizione verso l’estero rimangono comunque importati: il 32% del PIL di cui il 45% collegate al dollaro.

Supponendo un blocco economico severo nei confronti della Russia, blocco che al momento però sembra escludere uno dei pezzi più pregiati, vale a dire l’energia, le casse della banca centrale ed i canali di scambio aperti verso l’Asia potrebbero consentire nel breve periodo a Mosca di non accusare contraccolpi economici significativi, rischiando però serie conseguenze nel lungo periodo. Ci ricorda sempre Bruegel che già le sanzioni del 2014, anno dell’annessione della Crimea, ebbero un effetto tutto sommato limitato nel breve termine (-1.5% di PIL) ma avrebbero avuto un forte impatto nel lungo periodo. Qui però sorge una domanda: per quanto tempo le sanzioni saranno sostebili anche per chi le impone?

Ecco allora che in questa guerra a colpi di sanzioni economiche si è fatto strada il ricorso ad una sorta di arma nucleare in grado di mettere al tappeto, già nel breve termine, la finanza russa: l’esclusione di Mosca dal circuito SWIFT. In termini semplici significherebbe rendere impossibili le transazioni finanziarie internazionali, in entrata ed in uscita, aventi come controparte entità russe. L’operazione, che paralizzerebbe il sistema finanziario russo nel giro di pochissimo tempo, sembra per il momento destinata solo ad alcune banche ed escluderebbe i pagamenti relativi all’energia (la definizione del suo utilizzo è ancora incompleta al momento). Si tratta di un’arma già utilizzata con l’Iran e che nel 2014 era stata ventilata come ipotesi di sanzione proprio contro la Russia. Bruegel ci ricorda che nel primo caso costò a Teheran 1/3 del suo commercio internazionale e che nel 2014 escludere la Russia dallo SWIFT le sarebbe costato 5 punti di PIL (cinque volte il peso delle sanzioni economiche che alla fine furono comminate). I potenziali effetti sull’equilibrio finanziario mondiale non sono però del tutto stimabili con il rischio che il sistema perda credibilità nel medio termine.

Foto di geralt

* Grzegorczyk, M., Poitiers, N., Weil, P. and G. Wolff (2022) ‘The risks for Russia and Europe: how new sanctions could hit economic ties’, Bruegel Blog, 11 February