Il Covid ed i tre fattori di disuguaglianza educativa nella scuola

Uno studio analizza i tre fattori attraverso i quali il Covid sta accentuando la disuguaglianza educativa tra le fasce economico-sociali negli USA. E mette al primo posto la perdità di socialità tra i ragazzi.

Tamponi, numero di positivi, quarantena della classe. La quarta ondata della pandemia, con la contagiosissima variante Omicron a farla da padrona, sta mettendo nuovamente in grossa difficoltà il mondo della scuola. Ed il problema non è di certo solo organizzativo, perchè quando si parla di scuola si parla del futuro, culturale e lavorativo, dei nostri ragazzi.

A ricordarcelo ancora una volta è uno studio condotto sul caso statunitense da quattro accademici – Francesco Agostinelli, Matthias Doepke, Giuseppe Sorrenti, Fabrizio Zilibotti – e pubblicato recentemente dal CEPR. Il lavoro di Agostinelli e colleghi è particolarmente interessante perchè ci permette di individuare i tre canali attraverso i quali il covid-19 ha iniettato i suoi velenosi effetti nel mondo della scuola, causando una crescita della disuguaglianza educativa tra i ragazzi; un pesante fardello per il loro futuro confronto con il mondo del lavoro.

Quali sono questi tre canali? Innanzitutto il metodo di insegnamento. E’ fuori di dubbio che la didattica a distanza (DAD) non è che un precario sostituto dell’insegnamento in presenza, e lo è ancora di più per le classi sociali più deboli economicamente. Ma – e qui inizia la parte più interessante dello studio di cui stiamo scrivendo – esistono altri due elementi attraverso i quali la pandemia sta causando danni enormi alla capacità di apprendimento dei ragazzi, in particolare per quelli provenienti da famiglie a basso reddito. Il primo elemento è il confronto con i compagni, quella socialità che si trasforma in scambio di informazioni e metodi di studio. La perdita della connessione sociale rischia di accentuare le problematiche scolastiche dei ragazzi più fragili e costringe spazialmente i rapporti interpersonali alle conoscenze di prossimità.

L’altro grande elemento di influenza individuato dallo studio è il ruolo dei genitori. Chiamati in certi casi a svolgere compiti di supplenza degli insegnanti collegati da remoto, i genitori si sono trovati di fronte alla complicata gestione del tempo da dedicare ai figli e di quello riservato al lavoro. Chi ha potuto sfruttare una modalità di lavoro agile o prendersi una pausa dal proprio impiego ha garantito un maggior supporto ai figli. I dati – ricordano gli autori – ci dicono che lo smart working ha interessato soprattutto le fasce lavorative a reddito medio-alto. Ne consegue che i ragazzi di famiglie con redditi medio-bassi, con genitori impossibilitati a lavorare da casa, hanno subito un ulteriore danno.

Nella simulazione elaborata da Agostinelli e colleghi, emerge che la combinazione di questi tre elementi (didattica a distanza, mancanza di contatto con i compagni, ruolo dei genitori) porta ad un aumento della disuguaglianza educativa a sfavore dei ragazzi provenienti da famiglie a reddito basso. Un gap che persiste nel tempo e rischia di trasformarsi in redditi più bassi in futuro e nuova disuguaglianza sociale.

La cosa più interessante è che dallo studio emerge il ruolo predominante della mancanza di socialità tra ragazzi nel determinare l’aumento della disuguaglianza educativa. Un fattore che nelle simulazioni arriva a pesare quasi per la metà dell’effetto complessivo.

Foto di ebpilgrim

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