Consumi vs prudenza

Indicati come il grande traino della ripresa, i consumi, dopo un’iniziale fiammata, paiono crescere meno delle aspettative.

Prendiamo ad esempio i dati statunitensi. Nel mese di luglio le spese per consumi dei cittadini USA è salita dello 0.3%, in flessioni rispetto a giugno. Allo stesso tempo è aumentata la quota di soldi messi da parte, con il tasso di risparmio passato dall’8% di giugno al 9.6% di luglio. Il tutto a fronte di un aumento dei redditi percepiti (saliti dell’ 1.1% in luglio, secondo mese consecutivo di  crescita). Insomma, numeri che sembrano indiscutibilmente parlare di raffreddamento. Del resto l’ultimo sondaggio sulla fiducia in dei consumatori elaborato dall’università del Michigan va nella stessa direzione.  Ad agosto l’indice ha registrato il livello più basso da un decennio, con le aspettative dei consumatori pesantemente rallentate e una montante preoccupazione sulla propria situazione finanziaria.

Cosa sta andando storto? Guardando agli USA, da sempre economicamente sospinti dalla domanda interna, e per questo paradigmatici della situazione,  sembra prevalere una certa prudenza. Da un lato le varianti del covid a rendere meno normali del previsto le riaperture, dall’altro un mercato del lavoro nel quale si fa fatica ad incrociare domanda ed offerta ed i lavoratori combattono tra una certa riluttanza a tornare in presenza e la difficoltà di gestire il lavoro da casa. Stando all’ultimo sondaggio IBD/TIPP i consumatori statunitensi sembrano un po’ meno sicuri della propria situazione finanziaria nei prossimi 12 mesi e, elemento non di poco conto, sembra aumentare un certo malcontento rispetto alle politiche federali, con il Congresso ancora molto distante da una soluzione sul nodo spesa pubblica e tasse.

C’è poi un altro punto. Tra i governi europei comincia a prendere forza il dibattito sulla sostenibilità dei conti nel dopo pandemia. E i consumatori tendono le orecchie. In Gran Bretagna, l’abbiamo scritto ieri, si va verso una spending review ed un aumento delle tasse. In Francia (con l’ombra lunga delle elezioni a coprire ogni proposta) si giura che si punterà sulla crescita e non sui tagli di spesa (la sensazione di averla già sentita, vero?). Otto paesi dell’Unione hanno scritto un documento a proposito di trattati e parametri, un altolà ad eventuali modifiche pro-paesi indebitati che non fa sperare in un negoziato semplice. Voci, mezze notizie e discussioni che potrebbero riaccendere nei consumatori la voglia di risparmiare.

Tutto compromesso. Naturalmente no, ma sembra che oramai si possa tranquillamente affermare che la crescita di consumi da eccesso di liquidità sarà un po’ meno trionfale del previsto e, soprattutto, molto più graduale nel tempo. Questo possibile scenario da un lato potrebbe ridurre le potenzialità della crescita economica e dei profitti aziendali. Dall’altro lato potrebbe, il condizionale rimane obbligatorio, ridurre la pressione sui prezzi nel medio termine e consentire alle banche centrali più tempo per la riduzione degli stimoli monetari. Resta da capire se, per il sentiment dei mercati finanziari, sia più determinante il primo o il secondo effetto.

Foto di Michael Gaida

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