Le notizie positive sullo sviluppo di uno o più vaccini anti covid-19 fa aumentare le attese di una ripresa economica nel 2021. Ma, come per i vaccini, rimangono molte domande sulla sua possibile forza, distribuzione e durata.
Sono giorni nei quali la speranza di un vaccino si sta rapidamente tramutando in qualcosa di molto più concreto e, a questo punto, è lecito pensare che tra dicembre e gennaio le prime dosi saranno pronte per essere somministrate. Molte delle domande che circondano la futura campagna vaccinale anti covid-19 possono, in parallelo, essere poste in riferimento all’evoluzione del quadro macroeconomico mondiale nei prossimi mesi. Anche in questo campo, infatti, sembra oramai ragionevolmente certa una ripresa economica nel 2021 ma rimangono nell’incertezza la sua forza, la sua distribuzione e la sua durata.
Recentemente due membri del board della FED, Robert Kaplan (Dallas) e Loretta Mester (Cleveland), hanno rilasciato dichiarazioni molto, molto prudenti sui tempi della ripresa. Secondo i due governatori ci attendono ancora un paio di trimestri difficili. Parlando degli USA Kaplan cita le stime di crescita per il 2021, pari al 3.2%, ma aggiunge che gran parte di questa crescita sarà ottenuta nella seconda metà dell’anno venturo. Il problema, chiosa Kaplan, è passare indenni i primi 6 mesi. Da qui la necessità, sostiene Mester, di ulteriori stimoli fiscali. E che saranno ancora mesi complicati, non solo negli USA, è facile intuirlo. Basti pensare alle restrizioni sociali che potrebbero durare almeno fino alla metà di gennaio (così la pensano, ad esempio, in Francia) e all’ipotesi che una terza ondata possa comunque verificarsi, anche in presenza di una campagna vaccinale avviata (che avrà in ogni caso tempi lunghi per la sua conclusione)
La seconda ondata della pandemia, come confermano i dati PMI fino ad ora disponibili, sta colpendo in maniera significativa il settore dei servizi, limitando, per ora, gli effetti sul settore manifatturiero. E’ quindi lecito attendersi che la ripresa sarà piuttosto disomogenea, almeno nella sua fase iniziale. Molto probabilmente potrà avvenire in maniera più rapida e robusta in quelle aree economiche a propulsione manifatturiera. In un contesto internazionale ancora incerto è altrettanto probabile che i paesi dotati di una domanda interna resiliente possano dare segni di ripresa più velocemente rispetto ad economie sostenute in larga parte dall’export.
Lo scenario nel quale muoverà i primi passi la ripresa economica sarà decisamente complesso. La questione più intricata riguarda l’inflazione. Gli sforzi delle banche centrali contro la pandemia hanno letteralmente inondato di liquidità il sistema. Contemporaneamente le chiusure imposte dai lockdown ed un generale senso di incertezza hanno fatto schizzare verso l’alto le percentuali di risparmio precauzionale, soldi che sono pronti ad essere spesi appena le condizioni lo permetteranno. Tutti elementi che depongono a favore di una risalita dei prezzi al consumo.
Di fronte ad un’ipotetica robusta inflazione le banche centrali sarebbero costrette ad intervenire, ma il loro intervento sarebbe paragonabile alle imbarazzate manovre di un elefante in un negozio di cristalli. Basti pensare a chi in questo momento è il maggior compratore di titoli di stato; al fenomeno delle zombie firms ed al loro rapporto vitale con i tassi a zero o quasi; al settore dell’high yield, preso d’assalto da risparmiatori di ogni profilo di rischio pur di portare a casa un minimo di rendimento. La durata della ripresa dipenderà molto anche dalla capacità di governi, banche centrali e sistema bancario di evitare una crisi finanziaria, un compito complicato ma non impossibile.
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