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Coronavirus, un duro colpo per la gender equality?

La pandemia causata dal coronavirus SARS-COV-2 sta colpendo in maniera tutt’altro che omogenea la popolazione mondiale. E questo vale sia dal punto di vista sanitario che da quello degli effetti economici. Uno studio mette in guardia: il coronavirus può essere un duro colpo alla gender equality.

Le statistiche mediche ci dicono che il covid-19 colpisce in maggior numero gli uomini rispetto alle donne. Tuttavia gli effetti economici, in particolare quelli sul mercato del lavoro, rischiano di ribaltare il quadro, con le donne maggiormente penalizzate.

Ad analizzare questo aspetto uno studio di Titan Alon, Matthias Doepke, Jane Olmstead-Rumsey e Michèle Tertilt, pubblicato nell’ultimo bollettino del CEPR. La ricerca si basa sui dati statunitensi e parte dall’osservazione di quanto accaduto nelle precedenti fasi recessive.

Gli autori ricordano che, in passato, il rischio di disoccupazione nei periodi recessivi era più elevato per i lavoratori maschi. Questa evidenza può essere spiegata in due modi. Innanzitutto la tipologia di impiego. I lavoratori maschi americani sono impiegati per il 46% in settori ciclici (manifattura, trasporti, commercio), contro il 24% delle donne lavoratrici. In secondo luogo altri studi (Doepke and Tertilt, 2016) mostrano come i 2/3 del movimento cicliclo dell’occupazione americana è generato da lavoratori maschi, mentre le donne sposate sono il gruppo che contribuisce di meno.

La crisi derivata dalla pandemia di covid-19, suggeriscono gli autori, non sembra allinearsi alle precedenti. Per almeno un paio di ragioni il coronavirus rischia di imporre una dura battuta d’arresto alla gender equality.

Il primo motivo riguarda sempre i settori di impiego. Il 40% delle donne lavoratrici americane è impiegata nei servizi (amministrazione pubblica, sanità, scuola), contro il 20% dei maschi. Il lockdown, prima grande conseguenza della pandemia, ha colpito duramento proprio il settore dei servizi.

Nel corso del lockdown sono rimasti attivi solamente i settori ritenuti essenziali e quelli che sono riusciti ad organizzarsi attraverso il telelavoro. Ma guardando le statistiche del mercato del lavoro americano solo il 39% delle donne lavoratrici è impiegata in questi settori, contro il 52% degli uomini. Questo è il secondo motivo per il quale le donne rischiano di pagare un prezzo in termini di occupazione estremamente più alto rispetto ai maschi.

Le statistiche sulle richieste di sussidio di disoccupazione di marzo lo dimostrano: il 59% delle richieste è stato fatto da lavoratrici donne.

Gli autori dello studio ricordano poi come la situazione diventi ancora più complicata nel caso in cui la donna lavoratrice sia anche madre e single. Negli USA il 70% dei genitori single è donna ed il recente American Time Use Survey riporta che solo il 20% dei genitori single riesce ad organizzarsi per il telelavoro.

Se la perdita di lavoro nel corso delle fasi recessive tende ad avere effetti più persistenti e pesanti sulle aspettative future di reddito e sicurezza sociale, il rischio per le donne lavoratrici è che il coronavirus impatti pesantemente, e per diversi anni, sulla disparità salariare con i colleghi maschi.

Alon, Doepke, Olmstead-Rumsey e Tertilt chiudono, tuttavia, il loro paper con un po’ di ottimismo. Nel lungo periodo, dicono gli autori, l’incentivazione del telelavoro ed una maggior quota di congedo parentale maschile, potrebbe rappresentare il giusto stimolo ad un cambiamento, anche culturale, che permetta finalmente di raggiungere la gender equality nel mondo del lavoro.

Foto di energepic.com

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