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Asia, il continente delle città più “care” del mondo

Pubblicato pochi giorni fa il nuovo rapporto dell’Economist Intelligence sulle città più care del mondo. Una statistica che ci conferma il cambio di ruoli nell’economia mondiale.

Per l’ultimo post di questa settimana proviamo a cambiare argomento, rilassiamoci un po’ andando a curiosare tra i dati di una recente ricerca. Lo studio in questione è il Worldwide Cost of Living Survey, curato dall’Economist Intelligence, una classifica annuale delle città più care del mondo. I ricercatori del centro studi londinese hanno messo a confronto i prezzi di 150 prodotti e servizi in 133 città sparse per il globo.

Nell’edizione del 2020 (sondaggio condotto nell’autunno dello scorso anno) il Worldwide Cost of Living Survey presenta conferme rispetto alle scorse edizioni, ma anche qualche novità. Innanzitutto in testa alla classifica troviamo un terzetto composto da Singapore, Osaka ed Hong Kong. Fatto 100 il livello dei prezzi della città di New York, il trio asiatico totalizza 102. Se per Singapore ed Hong Kong si tratta di una conferma rispetto ad un anno fa, Osaka è la sopresa di questa edizione.

Nella top ten della classifica troviamo ben 4 città asiatiche (al terzetto di testa si aggiunge Tokio all’8° posto); 3 sono europee (Parigi e le svizzere Zurigo e Ginevra) e 2 statunitensi (New York e Los Angeles).

Guardando ai trend, la ricerca ci racconta molto di quanto sta accadendo da un decennio a questa parte sullo scacchiere economico globale. La prima annotazione riguarda il numero di città che raggiunge o supera quota 100, vale a dire il costo della vita di New York. Nel 2009 erano oltre una trentina, con l’Europa a farla da padrona, seguita dall’Asia. Dieci anni dopo, nel 2019, sono rimaste solo in 4. Sparite le città europee e ridotte al minimo quello asiatiche.

Dal 2018 al 2019, delle 37 città europee prese in esame ben 31 hanno subito un declassamento. Al contrario, negli USA, nello stesso periodo, delle 16 città presenti nell’indice, 15 hanno guadagnato posti in classifica.

Un movimento che ci racconta di un’Europa con il freno a mano tirato, con i prezzi in discesa a causa di una domanda interna non perfettamente in salute. Di segno opposto quanto avvenuto negli USA, qui il lungo periodo di prosperità vissuto nel dopo crisi finanziaria del 2008 ha contribuito all’aumento della ricchezza privata, che ha portato ad un generalizzato aumento dei prezzi.

Foto di Chamaiporn Kitina

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