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Coronavirus e investimenti. Parola d’ordine niente panico

La parola d’ordine, relativamente a coronavirus e investimenti, è non farsi prendere dal panico, rimanere razionali e valutare la situazione.

Ieri le borse mondiali hanno bruciato qualcosa come 1000 miliardi di dollari di capitalizzazione, in una seduta contrassegnata da un evidente panic selling che non ha risparmiato nessun settore. Un mix tra speculazione e panico che il buon investitore dovrebbe annotare come il perfetto esempio da non seguire.

Siamo sicuramente di fronte ad un evento che avrà, ed in parte sta già avendo, conseguenze a livello globale. Nel weekend scorso la direttrice Kristalina Georgieva ha aggiornato le stime di crescita mondiale del Fondo Monetario Internazionale, abbassandole di un decimale. Questa, ad oggi, è la quantificazione dell’impatto del coronavirus sull’economia mondiale in quello che gli economisti del fondo chiamano scenario principale. La Cina, epicentro della crisi, sta marciando al 50/60% del proprio potenziale produttivo e l’FMI stima una crescita del PIL a fine 2020 del 5,6% (dal 6% precedente). A questo va aggiunto che, secondo fonti OMS, il picco dell’epidemia sul territorio cinese dovrebbe essere stato raggiunto tra il 23 gennaio ed il 2 febbraio scorsi; in più, 6 province hanno abbassato il livello di allerta, questo consentirà una ripresa più consistente delle attività economiche.

L’impatto sui mercati. La storia dei mercati finanziari ci dice che il riassorbimento di crisi di questo tipo è relativamente veloce. Nel 2003 gli effetti della SARS (che, lo ricordiamo, aveva percentuali di mortalità 5 volte più alte rispetto al COVID-19) furono sterilizzati entro lo stesso anno, con lo S&P500 che riuscì addirittura a chiudere in positivo. Le cose sono cambiate, la Cina ha un ruolo completamente diverso rispetto a quello che aveva allora e quindi è ragionevole pensare che l’arco temporale di riassorbimento sarà un po’ più lungo, rimanendo comunque confinato nel breve periodo.

Il rischio maggiore (aka lo scenario peggiore). Il grande rischio è legato a durata e diffusione del virus. Il perdurare ed il diffondersi dell’epidemia in nuove aree del globo potrebbe trasformare lo scenario.

La frenata economica, principalmente dovuta all’incepparsi della catena distributiva, é di per sé velocemente riassorbibile, ma, se prolungata nel tempo, avrebbe effetti sensibili sui prezzi oltre che sulla crescita. In ipotesi si potrebbe configurare uno scenario con l’inflazione in aumento e con minor crescita economica. Per la politica monetaria una grana di non poco conto, trattandosi di shock dell’offerta ed avendo molte banche centrali poche munizioni a disposizione; per gli investitori potrebbe venire meno l’effetto diversificazione tra titoli di stato ed azioni, con i prezzi orientati al ribasso per entrambe gli asset.

Altra possibile complicazione è quella che la frenata economica si trasformi in una crisi finanziaria. Nelle zone più colpite, la chiusura forzata di molte attività (per malattia, quarantena o per mancanza di materie prime) può portare, alla lunga, a crisi di liquidità delle aziende, al mancato pagamento dei debiti finanziari e dei salari. Per le banche significherebbe un aumento pericoloso dei crediti “marci”. Per questo motivo è fondamentale il ruolo delle banche centrali, già sul pezzo per sostenere la stabilità finanziaria degli istituti, ma soprattutto dei governi nel sostenere le attività economiche, facilitare la ripresa ma anche, dove necessario, contenere il più possibile i focolai di epidemia. L’OCSE ha ricordato come, mai come ora, è necessario che i paesi con un surplus di bilancio diano un segnale forte.

Coronavirus e investimenti. Come detto in precedenza l’epidemia ed i suoi effetti si esauriranno, con maggior probabilità, nel breve termine. Quanto? Le ipotesi più ottimistiche parlano di effetti limitati al primo trimestre del 2020, altre allungano i tempi fino all’estate. I recenti dati macroeconomici ci confermano che, al netto del coronavirus, l’economia mondiale stava imboccando una strada di ritorno alla crescita. Il quadro fondamentale, ad oggi, rimane intatto. Solo un prolungarsi dell’epidemia oltre il primi 3/4 mesi del 2020 potrebbe cambiare le cose in maniera sostanziale. Se nel lungo periodo quindi non ci sono impatti, nel breve il consiglio è mantenere un approccio altamente differenziato per minimizzare il rischio, ad esempio attraverso strategie di tipo “barbell” di cui abbiamo parlato qualche settimana fa.

Foto di Shahariar Lenin

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