Sondaggi PMI. Aria di resilienza

I sondaggi PMI provano a gettare un po’ di ottimismo sui mercati, resi ansiosi dalla sfiancante trattativa tra USA e Cina. Se il dato statunitense supera le attese, dall’Europa arrivano segnali contrastanti con indizi di resilienza e preoccupanti scricchiolii oltremanica. Questo, e molto altro, nella nostra ultima K Briefing della settimana.

Dati USA positivi. Dati positivi quelle che emergono dalle letture di novembre dei sondaggi PMI. Migliora sia il settore manifatturiero che quello dei servizi ed entrambi sopra le attese. Secondo l’università del Michigan migliora anche la fiducia dei consumatori sul futuro dell’economia a stelle e strisce. Leggermente in calo la lettura della situazione corrente. Stabili le aspettative sull’inflazione. Si tratta di sondaggi, di aspettative, ma indicano pur sempre degli atteggiamenti ed in questo caso riguardano i soggetti economici che stanno tenendo in piedi la crescita USA, i consumatori.

Sondaggi PMI Europa di novembre. La Francia si conferma, al momento, l’economia più resiliente tra i big dell’eurozona. L’indice PMI manifatturiero si mantiene sopra quota 50, ed anzi batte le attese con un 51.6. Tiene anche il settore servizi (lievemente sotto attese) a 52.9. Anche nella vicina Germania qualcosa si muove. Il PMI manifatturiero rimane in zona contrazione ma risale da 42.1 a 43.8, meglio delle attese. Il settore dei servizi si mantiene sopra quota 51 e così l’indice composite (che tiene conto di tutti i settori) rivede quota 49. (la soglia dei 50 indica il confine tra espansione, sopra, e contrazione, sotto). A livello europeo l’indice composito peggiora leggermente a 50.3, migliora il manifatturiero (46.6 da 45.9), peggiora leggermente il settore dei servizi, comunque sopra 51. Sicuramente presto per trarre qualsiasi conclusione ma non si può negare l’esistenza di piccoli, timidi segnali di resilienza dell’economia dell’eurozona.

Giappone, così così. Mentre l’inflazione si mantiene prossima allo zero ed ampiamente sotto il livello target della BoJ (2%), il sondaggio PMI di novembre conferma la fase di contrazione del settore manifatturiero e fa tornare poco sopra 50 il settore dei servizi.

Australia, prossimi tagli del costo del denaro in vista? I dati PMI australiani confermano il rallentamento dell’economia aussie. Tutti e tre gli indici (manifatturiero, composite e servizi) scivolano sotto quota 50, in zona contrazione. A questo punto è lecito attendersi ulteriori manovre espansive da parte della Banca centrale australiana, forse potrebbe arrivare persino un QE.

UK, economia in contrazione. Il PMI di novembre mostra segnali di ulteriore indebolimento dell’economia del Regno Unito. Sia il settore manifatturiero che quello dei servizi sono sotto quota 50, in particolare scivola il settore dei servizi dal 50 al 48.6, contro attese di aumento a 50.1. Dati negativi che aumentano le probabilità di un ultimo trimestre 2019 a crescita negativa per il PIL .

Petrolio, tagli della produzione prolungati? Stando a quanto riporta Reuters, nel prossimo meeting dei paesi produttori di petrolio sarà decisa una proroga della stretta sulla produzione di greggio da marzo a giugno del prossimo anno. La decisione sarebbe fortemente voluta dall’Arabia Saudita che ha la necessità di stabilizzare il prezzo del petrolio vista la recente scelta di quotare Aramco. Proprio il 5 dicembre, giorno del meeting OPEC, si saprà anche il prezzo finale dell’IPO Aramco.

Ed ancora, grande distribuzione USA, i segnali del terzo trimestre.

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Grande distribuzione USA. Dati finali.

Si salva solo Target, anche Macy’s segnala un calo consistente delle vendite nel terzo trimestre e questo getta ombre scure sul futuro dell’acquisto “fisico”. Ritorna in auge un vecchio report di Credit Suisse, secondo il quale, entro il 2022 un quarto dei grandi centri commerciali sarà costretto a chiudere di fronte all’avanzata imperiosa dello shopping online. Target va in controtendenza rispetto alla china negativa. La grande distribuzione deve ripensare il suo modello.

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Foto di koon boh Goh

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