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Bolla speculativa? Per Eugene Fama impossibile prevederla

Un aumento considerevole ed ingiustificato dei prezzi di un asset ed il successivo ritorno alla “normalità” con il crollo delle quotazioni. Questo è, a grandissime linee, il significato dell’espressione “bolla speculativa”. Molti analisti dicono sia prevedibile, per il premio Nobel Eugene Fama le cose non stanno proprio così.

Dalla celeberrima bolla speculativa dei tulipani del 1637 sino ad arrivare ai nostri giorni con l’hi tech ed il mercato immobiliare. Tanti sono gli esempi di periodi nei quali sul mercato i prezzi di determinati asset sono saliti senza il sostegno di motivi fondamentali, cadendo poi rovinosamente.

Anche oggi analisti e commentatori parlano di possibili bolle pronte ad esplodere qua e la, dall’azionario alle criptovalute. Ma si possono davvero prevedere le bolle speculative? Secondo il premio Nobel Eugene Fama la risposta è negativa. E lo ha ribadito recentemente in un suo intervento durante una tappa del Masters of Business, in compagnia di David G. Booth.

Per Fama la definizione di bolla speculativa è strettamente legata al suo esito. Per sapere se esiste occorre sapere quando finisce. Non essendoci ad oggi criteri oggettivi per predire la fine di un periodo di gonfiamento dei prezzi, aggiunge Fama, possiamo definire una bolla solo quando questa è scoppiata.

Il premio Nobel, che non nasconde il suo “scetticismo” sulla cosiddetta “finanza comportamentale”- che studia come l’elemento psicologico degli investitori possa influire sui mercati – si spinge a dire che molto spesso c’è la tendenza a vedere una bolla speculativa dove questa in realtà non c’è.

In un esperimento condotto alla Stanford University, racconta Fama, erano stati presentati ad alcuni professori dati sui prezzi in agricoltura. Analizzandoli, tutti i partecipanti avevano individuato una bolla speculativa. Ma quei dati non erano reali, bensì frutto di una elaborazione random. Quella bolla non era mai esistita.

Per un economista come Fama, che ha sviluppato un modello sull’efficienza dei mercati, viene “naturale” considerare come “opinioni” tutte le analisi che non abbiano un riscontro in dati certi. Il dibattito sul tema è però piuttosto vivace. In un recente articolo sul Journal of Financial Economics, Robin Greenwood, Andrei Shleifer e Yang You si sono presi la briga di studiare le serie storiche delle azioni USA (industrial) e internazionali dal 1985 al 2014.

I tre economisti sostengono che si, Fama ha ragione quando dice che una risalita vertiginosa dei prezzi delle azioni non è sinonimo di un successivo crollo, tuttavia il comportamento “anomalo” dei prezzi aumenta la probabilità che il mercato sperimenti un crash in un periodo successivo. Inoltre, per Greenwood Shleifer e You, lo studio di alcuni parametri, tra i quali la volatilità, possono permettere all’investitore di prevedere la formazione di una bolla e, ipotesi ardita, sfruttarne il timing.

Foto di Free-Photos

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