Sfondo scuro Sfondo chiaro

Ciclo economico. I coincident ed i lagging indicator

Per individuare la fase del ciclo economico in corso esistono alcuni indicatori “di conferma”. Ecco a cosa servono i coincident ed i lagging indicator.

Abbiamo visto in un recente post come si possano fare delle previsioni sul futuro andamento dell’economia di un paese analizzando degli indicatori “anticipatori”. Oltre a questa tipologia di indicatori, ossia i leading indicator, esiste un’altra serie di strumenti in grado di confermarci se la fase del ciclo economico è ancora presente oppure è stata definitivamente superata. Sono i coincident ed i lagging indicator. Vediamo di cosa si tratta.

I coincident indicator

Si tratta di indicatori che ci danno informazioni sullo stato attuale dell’economia. Proprio per la loro stretta dipendenza con il presente, sono utili per capire lo stato di salute della fase economica in corso. Fondamentale, nella loro lettura è la stabilità del trend. Crescente nel caso di fasi di espansione e decrescente nel caso di fasi di contrazione. Tra i coincident indicator troviamo:

Reddito reale aggregato (al netto dei trasferimenti). E’ un indicatore sulla “salute ” dei salari, una lettura in crescita conferma uno stato di benessere e quindi il proseguire di una fase espansiva.

Indice di produzione industriale. Ci da informazioni sulla produzione di beni in un determinato periodo di riferimento.

Vendite all’ingrosso e nel settore della manifattura. Un volume sostenuto di vendite tra operatori all’ingrosso è indice di brillantezzza dell’economia.

Lagging indicators

Si tratta di indicatori che ci possono dare una conferma sull’effettivo superamento di una fase del ciclo economico. Il loro valore è legato a fenomeni di “transizione” tra una fase e l’altra.

Durata media della disoccupazione. Misurare la durata della disoccupazione è utile perchè esiste un ritardo di adattamento del mercato del lavoro alle fasi economiche. In uscita da una fase di recessione l’occupazione tarda a ripartire, viceversa entrando in una fase di recessione l’occupazione tende a calare in ritardo. In questo senso una lettura in calo dell’indice può confermarci l’entrata in una fase espansiva ed una lettura in aumento ci conferma la presenza di una contrazione economica.

Rapporto tra magazzino e vendite. Intuitivamente il rapporto tende a salire nelle fasi iniziali di recessione in quanto le vendite diminuiscono, aumentando le scorte. Nella fase centrale le aziende adattano le scorte al volume di vendita. In presenza di una fase di ripresa il rapporto tenderà a scendere spinto dalle crescenti vendite e dai livelli bassi di magazino.

Costo del lavoro per unità di output. Il ritardo con il quale il mercato del lavoro risponde al cambio di scenario economico, nella prima fase della recessione, spinge in alto il costo del lavoro per ogni singola unità di prodotto realizzato. Lo stesso succede nella fase “matura” dell’espansione economica. Nel primo caso l’aumento è dovuto alla diminuzione delle vendite, nel secondo alle sempre maggiori richieste di adeguamenti salariali.

Prezzi dei servizi. Generalemente i prezzi tendono a salire in ritarno rispetto all’entrata in una fase di espansione, specie quelli dei servizi. Una lettura in rialzo ci conferma l’abbandono di una fase di contrazione.

Altri indicatori “lagging” sono: il rapporto tra nuovi prestiti e reddito privato, il tasso medio di interesse dei prestiti bancari “prime”, i prestiti per il settore del commercio e dell’industria. Si tratta sempre di indicatori che osservano e quantificano fenomeni che si verificano in ritardo rispetto all’inizio di una determinata fase del ciclo economico.


Resta aggiornato

Gli ultimi articoli di Ekonomia.it direttamente nella tua casella mail. Iscriviti qui sotto.
I dati trasmessi attraverso questo modulo sono trattati secondo la nostra privacy policy, in linea con la normativa vigente. Per nessun motivo verranno ceduti a terze parti o utilizzati per l'invio di messaggi di natura commerciale.
Post precedente

Le domande improvvise. Cos'è l'isteresi della disoccupazione?

Post successivo

PIL USA, quanta incertezza in quel 2,9%

Pubblicità