La pesante revisione della stima del PIL italiano per il 2019, da parte dell’UE, ha riaperto la discussione sulla validità di tale strumento. Di fronte all’impietosa classifica che ci vede fanalino di coda in Europa con un misero +0,2% di crescita, qualcuno è sbottato dicendo che “tanto le stime non ci azzeccano mai”. E’ davvero così?
Riprendendo uno studio del 2015 realizzato dal centro studi della CGIL e raccogliendo le stime di crescita per l’Italia proposte dall’OCSE, abbiamo fatto un confronto tra dato reale e dato stimato, dal 2008 ad oggi.
Anno | Stima OCSE | Dato Reale | Variazione (reale – stima) |
2008 | 1,3 | -1 | -2,3 |
2009 | -1 | -5,1 | -4,1 |
2010 | 0,9 | 1,2 | 0,3 |
2011 | 1,3 | 0,5 | -0,8 |
2012 | -0,5 | -2,4 | -1,9 |
2013 | -1 | -1,8 | -0,8 |
2014 | 0,6 | 0,11 | -0,49 |
2015 | 0,2 | 0,95 | 0,75 |
2016 | 1,4 | 0,85 | -0,55 |
2017 | 0,9 | 1,5 | 0,6 |
2018 | 1,5 | 0,1 | -1,4 |
2019 | 0,9 | – | – |
Nei 10 anni presi in considerazione solo 2 volte le stime hanno registrato un “gap” inferiore allo 0,5% e, cosa ancora più interessante, solo 3 volte su 10 il dato previsto è stato peggiore rispetto al dato reale.
Insomma, la stima del PIL – per sua stessa natura – non ci azzecca, come dice qualcuno, ma molto spesso lo fa con un eccesso di ottimismo.
Le stime sono, dopotutto, delle proiezioni nel futuro di dati reali, quali ad esempio gli indicatori sulla produzione industriale, sul fatturato dei servizi e sull’occupazione. Sfruttando complesse formule matematiche questi dati vengono trasformati in una tendenza, con tutte le incertezze del caso. Le stime, insomma, fiutano l’aria del presente e cercano di capire cosa comporterà questo clima nel futuro prossimo. Se le stime peggiorano significa che c’è qualcosa, nel presente, che non sta andando come dovrebbe. Ed a guardare i dati sulla congiuntura, si intuisce facilmente cosa non stia funzionando.
Come si vede dal grafico, visualizzabile sul sito dell’ISTAT dedicato alla congiuntura economica nazionale, l’ultimo trimestre del 2018 ha visto una pesante frenata degli investimenti e dei consumi privati. Il dato finale del PIL è reso meno amaro dalla ripresa delle esportazioni (precipitate nel 3° trimestre anche per il brutto dato tedesco).
Se si consuma meno e si investe meno significa che o mancano i soldi, o manca la fiducia nel futuro. Si preferisce attendere momenti migliori e ci si mette sulla difensiva.