Il rapporto 2015 della BCE descrive un quadro macroeconomico complessivamente ancora incerto ed un sistema finanziario ancora debole e sostanzialmente incapace di affrontare, senza danni, eventuali shock che dovessero presentarsi nei prossimi mesi.
Draghi, nella prefazione al rapporto sottolinea come l’economia mondiale sia ancora alle prese con pressioni anti-inflazionistiche che, conferma il governatore della BCE, non faranno desistere la Banca Centrale Europea da ogni sforzo per riportare l’inflazione su livelli sostenibili.
La BCE sta attualmente pompando nel mercato qualcosa come 80 miliardi di euro al mese, comprando titoli di stato e, da questo mese, anche titoli di aziende private ad alto rating. I tassi di interesse sono oramai sotto zero e sono state messe in atto tutte le possibili azioni affinchè per le banche sia più conveniente prestare denaro che non tenerlo nei forzieri di Francoforte.
Eppure nulla sembra muoversi in maniera sensibile. Dopo un anno di QE i livelli di inflazioni rimangono prossimi allo 0 e la ripresa continua a presentarsi debole, discontinua, senza capacità di riassorbire la disoccupazione creata dal lustro di crisi precedente.
Quella che viene giornalisticamente chiamata la speculazione internazionale ha colpito ancora. Oggetto delle manovre di mercato sono state ancora una volta le banche. Già in difficoltà per i bassi tassi reddituali e le crescenti sofferenze creditizie, gli istituti di credito hanno visto, in pochi mesi, assottigliarsi la capitalizzazione di borsa e con essa la stabilità e la sostenibilità dei loro bilanci. La spinta della BCE ha cozzato contro le forze del mercato che, tarpando le ali alle promesse aperture di credito, hanno costretto le banche a rinforzare i propri capitali e mantenere bassa la propensione al prestito.
La politica monetaria non basta ed è lo stesso governatore Draghi che continua a dirlo da almeno un paio d’anni. Victor Constantio, nella presentazione del rapporto BCE ha sintetizzato il discorso con queste parole:”Lasciare l’unione monetaria incompleta ci rende troppo fragili e vulnerabili per essere in grado di fronteggiare futuri shock”
Il ruolo della politica diventa per questo fondamentale. La crisi si è, passo passo, trasformata da finanziaria a crisi di fiducia e c’è una crescente sensazione di mancanza delle istituzioni, da quelle europee a quelle nazionali. Quando, nel 2008, la crisi dei mutui subprime travolse gli Stati Uniti la reazione delle istituzioni fu forte. Lo stato si “sporcò le mani” nazionalizzando istituti finanziari e aziende strategiche, lanciando un segnale chiaro ai propri cittadini: ci siamo. L’Europa ha continuato ad inseguire sofismi e tuttora sembra non riuscire completamente ad abbandonare logiche burocratiche e ideologie da libero mercato spinto. Finchè lo scudo della BCE protegge sarebbe opportuno approfittarne, vedremo.
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