Sono ore di tensione sul fronte geopolitico. Le schermaglie delle ultime settimane tra Israele e Iran sono sfociate questa notte in un attacco missilistico dell’IDF ed in una successiva risposta iraniana con il lancio di oltre 100 droni. Ore di angoscia che coinvolgono anche i mercati finanziari, dove l’oro da una parte ed il petrolio dall’altra hanno visto salire le loro quotazioni.
Proprio a riguardo del prezzo del petrolio, indebolito negli ultimi mesi, gli investitori si chiedono cosa può accadere e quali potrebbero essere le conseguenze macroeconomiche se l’episodio di questa notte innescasse un’escalation militare nell’area? Proviamo a mettere in fila qualche idea.
Innanzitutto vediamo perche il prezzo del petrolio sale di fronte a queste notizie. Le motivazioni sono sostanzialmente tre.
- L’offerta di petrolio dell’Iran. L’Iran è uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo (membro OPEC), con una produzione attorno ai 3,2 milioni di barili al giorno. Se il paese venisse coinvolto in un conflitto diretto o se negli attacchi israeliani subisse danni alle infrastrutture petrolifere, l’offerta globale si ridurrebbe.
- Effetto contagio regionale. Un attacco israeliano potrebbe innescare una reazione iraniana diretta o tramite proxy (come milizie in Iraq o Yemen), accentuando l’instabilità in tutta la regione. Questo aumenta il rischio che anche altri Paesi produttori dell’area (come Arabia Saudita, Iraq o Emirati) vengano coinvolti o che rotte strategiche (come lo Stretto di Hormuz) siano a rischio.
- Speculazione e coperture finanziarie. I trader si affrettano a coprire il rischio, acquistando contratti futures sul greggio. Anche una minaccia percepita è sufficiente a spingere i prezzi al rialzo nel breve termine.
E proiettandosi nel futuro, se questa tensione si trasformasse in un conflitto vero e proprio, di settimane o mesi? Dio ce ne scampi, ma le conseguenze economiche potrebbero intaccare il percorso di ripresa, peraltro già accidentato dai dazi. Quattro i punti chiave.
- Inflazione: un aumento del prezzo del petrolio si riflette su tutti i costi di trasporto, produzione e distribuzione. Nei Paesi importatori, può rialzare l’inflazione proprio mentre molte economie stanno cercando di stabilizzarla dopo anni di pressioni post-pandemia.
- Politica monetaria: Le banche centrali potrebbero essere costrette a mantenere tassi più alti più a lungo, per contrastare l’inflazione energetica, rallentando così la ripresa o aggravando il rischio di stagnazione.
- Rischio geopolitico globale: Un’escalation Israele-Iran potrebbe coinvolgere Stati Uniti, Arabia Saudita, Russia e Cina in vari modi, con ripercussioni sull’equilibrio geopolitico e sulle alleanze commerciali. Gli investitori tendono quindi a ritirarsi da asset rischiosi (azioni, valute emergenti) e rifugiarsi in beni ritenuti sicuri, come l’oro.
- Mercati emergenti e Paesi a basso reddito: Questi Paesi sono i più vulnerabili a un rialzo dei prezzi energetici, soprattutto quelli che importano petrolio e hanno valute deboli. Per loro, la situazione può tradursi in pressioni sui conti pubblici, sussidi insostenibili e crisi della bilancia dei pagamenti.
Per tutti questi motivi, l’obiettivo principale in queste ore è quello di evitare che un episodio, di sicuro più grave rispetto a quello accaduto nell’aprile del 2024, si trasformi in qualcosa di prolungato.
Foto di Thomas H.