Nel momento in cui stiamo scrivendo questo post, il prezzo del petrolio WTA veleggia attorno ai 60 dollari al barile. Sono così distanti i tempi nei quali si sfondava la soglia dei 100 dollari. Ora le cose sembrano cambiate e la volontà dei principali paesi estrattori pare più quella di indebolire i nuovi produttori che di sostenere i prezzi. Ma un petrolio meno profittevole può diventare, quasi per paradosso, un incentivo alla transizione energetica? Se lo è chiesto un gruppo di economiste norvegesi studiando proprio quanto successo dal 2014 in poi nel paese scandinavo, uno dei maggiori esportatori di petrolio e allo stesso tempo tra i paesi con il maggior numero di veicoli elettrici circolanti. Vediamo di raccontarlo in maniera sintetica.
Nel 2014, il prezzo del petrolio subì un crollo significativo, mettendo a dura prova le economie fortemente dipendenti dalle esportazioni di greggio. La Norvegia, uno dei principali produttori europei di petrolio, fu tra i paesi colpiti. Tuttavia, anziché subire passivamente le conseguenze, la Norvegia trasformò questa crisi in un’opportunità per promuovere l’innovazione nel settore delle energie pulite.
Per Esther Ann Bøler, Katinka Holtsmark e Karen Helene Ulltveit-Moe, le autrici dello studio, il crollo dei prezzi del petrolio ha incentivato le aziende norvegesi a diversificare le proprie attività e a investire in tecnologie energetiche più sostenibili. La diminuzione della redditività nel settore petrolifero ha spinto le imprese a cercare nuove opportunità, favorendo così lo sviluppo di soluzioni innovative nel campo delle energie rinnovabili.
La Norvegia ha saputo sfruttare le proprie risorse e competenze nel settore energetico per guidare la transizione verso un’economia più verde. Ad esempio, il paese ha investito significativamente nella tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), con progetti come il Longship e il Northern Lights, che mirano a ridurre le emissioni di CO₂ industriali. Queste iniziative non solo contribuiscono alla lotta contro il cambiamento climatico, ma offrono anche nuove opportunità economiche e occupazionali.
Inoltre, la Norvegia ha promosso l’adozione di veicoli elettrici, diventando uno dei paesi con la più alta percentuale di auto elettriche per abitante. Ha anche incentivato l’uso di pompe di calore per il riscaldamento domestico e ha sostenuto la produzione di idrogeno verde, consolidando la sua posizione di leader nell’innovazione energetica.
Tuttavia, osservano le autrici, la transizione non è priva di contraddizioni. Nonostante gli sforzi per promuovere l’energia pulita, la Norvegia continua a essere un importante esportatore di petrolio e gas, sollevando interrogativi sulla coerenza delle sue politiche ambientali.
Questo paradosso evidenzia la complessità di bilanciare gli interessi economici con gli obiettivi climatici. Mette in luce l’importanza di agire sulla leva della profittabilità per accelerare il cambiamento e ci ricorda anche la necessità di trovare adeguate risorse per sostenere la ricerca e lo sviluppo all’interno delle aziende.
Foto di Kevin Schmid