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Lavoro da remoto, a chi piace e a chi no

Uno studio del NBER conferma l’appeal del lavoro da remoto tra i lavoratori, mentre le aziende, più riluttanti, cercano un sistema ibrido

Durante la pandemia da COVID-19 il lavoro da remoto ha assunto un ruolo cruciale, diventando una necessità per garantire la continuità lavorativa e ridurre il rischio di contagio. In questo contesto, il passaggio al lavoro remoto ha permesso alle aziende e ai dipendenti di adattarsi rapidamente a nuove modalità organizzative, riscoprendo vantaggi come la flessibilità, il miglioramento dell’equilibrio vita-lavoro e la riduzione dei tempi di spostamento.

Lo studio dal titolo “Home Sweet Home: How Much Do Employees Value Remote Work?”, di Cullen, Pakzad-Hurson e Perez-Truglia, pubblicato come Working Paper dal NBER, esplora in profondità come i lavoratori, in particolare nel settore tecnologico, valutino questa modalità lavorativa.

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Lo studio ha analizzato le preferenze reali dei dipendenti attraverso dati di “revealed preferences”, ovvero osservando le scelte effettive in ambito lavorativo. Il campione, composto da 1.396 lavoratori del settore tech, rivela come in media un dipendente sia disposto ad accettare una riduzione salariale pari a circa il 25% per avere la possibilità di lavorare in modalità remota, sia parzialmente che completamente. Questa percentuale risulta significativamente più alta – tre volte e anche cinque volte – rispetto a quanto emerso in precedenti studi, che stimavano tagli salariali tra il 5% e il 10%.

Gli autori hanno inoltre verificato che la preferenza per il lavoro da casa non si traduce in una penalizzazione retributiva. Infatti, contrariamente alle aspettative di un differenziale compensativo negativo, i dati indicano che le posizioni remote percepite sono, in media, leggermente meglio pagate (circa l’1,1% in più) rispetto alle equivalenti posizioni in presenza. Tra le possibili spiegazioni di questo paradosso, gli studiosi suggeriscono che possano intervenire frizioni nell’ottimizzazione del processo di determinazione salariale e un fenomeno di “worker sorting”, dove le aziende, per attrarre talenti, offrono la possibilità di lavorare da remoto senza penalizzare i compensi.

Inoltre, lo studio evidenzia che la valutazione del lavoro remoto si mantiene robusta anche includendo controlli aggiuntivi, come le valutazioni su portali per trovare lavoro, le caratteristiche aziendali (ad esempio, essere una società quotata o appartenente al gruppo FAANG) e differenze legate al costo della vita nelle diverse regioni. Questi risultati suggeriscono che il valore attribuito al lavoro da casa sia un fenomeno radicato e rilevante, soprattutto nel settore tecnologico, dove le condizioni per il lavoro remoto sono maggiormente soddisfacenti.

Tuttavia, nonostante i vantaggi evidenziati dal punto di vista dei lavoratori, molte aziende esprimono perplessità sul lavoro da remoto. Diverse ricerche e articoli di settore sottolineano come l’assenza del contatto diretto possa compromettere la coesione dei team, la collaborazione spontanea e il mentoring informale. Ad esempio, un articolo pubblicato su Harvard Business Review ha messo in luce come la mancanza di interazioni faccia a faccia possa ostacolare la creatività e l’innovazione, elementi fondamentali per mantenere la competitività in ambienti dinamici e complessi. Inoltre, le difficoltà nel monitorare le performance e nel mantenere un controllo operativo diretto rappresentano ulteriori fonti di preoccupazione per i dirigenti, i quali temono una diminuzione dell’efficienza e una perdita del senso di comunità aziendale.

Un ulteriore aspetto critico riguarda il rischio di isolamento dei dipendenti e la conseguente erosione della cultura aziendale. Alcune indagini, come quelle condotte da Gartner, evidenziano che le aziende possono trovarsi in difficoltà nel ricreare un ambiente di lavoro coeso quando il team è disperso geograficamente. Questa dispersione non solo complica la comunicazione interna, ma rende anche più arduo il consolidamento di valori e strategie condivisi, elementi che rappresentano il cuore pulsante della crescita aziendale.

Per mettere assieme queste contrapposte visioni, molte organizzazioni stanno sperimentando modelli ibridi, cercando di bilanciare i benefici del lavoro da remoto con la necessità di mantenere un’interazione regolare e diretta tra colleghi, al fine di preservare sia la produttività che l’identità organizzativa.

Foto di Pexels

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