Era il settembre del 2022 ed il governo guidato dalla conservatrice Lizz Truss presentava quello che nelle intenzioni doveva essere il più grande piano di riduzione delle tasse dal 1972. Una mossa per ravvivare l’economia inglese che si rivelò invece un pericoloso boomerang finanziario. Gli investitori, spaventati dalle voragini che si sarebbero aperte nel bilancio britannico, cominciarono a vendere GILT (i titoli di stato inglesi) e la sterlina sperimentò un nuovo minimo storico sul dollaro. La fiducia dei mercati finanziari, perla preziosissima quando si maneggiano conti pubblici, era evaporata in pochi secondi.
A distanza di poco più di due anni la Gran Bretagna sembra vivere un nuovo “Truss Moment”, con genesi molto diversa ma con modalità e motivazioni simili. Cosa sta succedendo dalle parti di Londra?
Partiamo dai numeri. Da fine dicembre scorso, sui mercati si sta verificando un robusto aumento dei rendimenti governativi, a partire da quelli statunitensi. I timori per un’inflazione in riaccelerazione, le minacce di dazi da parte del nuovo presidente Trump ed una situazione dei conti pubblici statinitensi non proprio invidiabile hanno fatto da propellente per una ondata di vendite che, a cascata, ha coinvolto anche altri titoli di stato mondiali. E quelli inglesi sono diventati uno dei bersagli principali.
Nelle ultime settimane il rendimento dei titoli governativi decennali inglesi è salito fino a toccare i massimi dal 2008, mentre la sterlina viene scambiata a poco più di 1,23 dollari, minimo dal 2023. Aumento dei rendimenti che significa aumento degli interessi pagati sul debito pubblico, non un problema da poco per un paese che ha un rapporto debito/PIL del 98%, massimo dagli anni 60 ed in costante crescita dal 2008 ad oggi.
Il governo Starmer ha vinto le ultime elezioni promettendo rigore nei conti e crescita economica. Il pacchetto fiscale presentato ad ottobre scorso dalla ministra delle finanze, Rachel Reeves, prospettava un deciso aumento delle tasse (40 miliardi di sterline di gettito in più), oltre ad un piano pluriennale di rilancio dell’economia. Se fin da subito il mercato ha mostrato diffidenza rispetto alla gestione del budget prospettata da Reeves, le preoccupazioni si sono fatte ancora più pesanti nel momento in cui la prima ondata di rialzi dei rendimenti ha fatto letteralmente evaporare il cuscinetto di 10 miliardi di sterline messo da parte nella manovra di ottobre scorso. Se i rendimenti dovessero rimanere elevati a lungo il rischio è quello di creare un nuovo buco nel già zoppicante bilancio statale inglese. Su questo ragionamento il mercato, bond vigilantes e non solo, ha ulteriormente reagito.
Ancora una volta, come accadde con la sciagurata manovra Truss, gli investitori non sembrano fidarsi delle rassicurazione che arrivano da Londra. E servirà qualcosa di più di qualche parola per convincere i mercati, non troppo intenzionati a concedere nuovamente fiducia al governo inglese. Un problema in più in una situazione non semplice per il governo Starmer, alle prese con una crescita anemica, un’inflazione persistente, tassi ancora elevati ed un consenso interno che si sta erodendo in fretta.
Foto di House of Commons