“Non la buttiamo in politica!” Con questa frase il Peppone di Giovannino Guareschi era solito chiudere una discussione con l’eterno “rivale” Don Camillo quando questa diventava troppo scivolosa. La politica come terreno fertile per sofismi di ogni genere e patria del parlare per non dire e del dire per non fare. Una visione certamente non lusinghiera di una parte che, al di là di ogni personale convincimento, rimane fondamentale per ogni sistema democratico, ma che potrebbe ora trovare supporto da un interessante studio condotto da Thomas J. Fewer e Murat Tarakci e pubblicato sull’Accademy of Management Journal.
Di cosa stiamo parlando? La ricerca, dal titolo CEO Political Partisanship and Corporate Misconduct, aveva come obiettivo quello di misurare l’incidenza della faziosità politica degli amministratori sulla condotta delle aziende. Al di là del colore politico, lo studio sembra dimostrare che le aziende con amministratori troppo “coinvolti” dalla politica rischiano più frequentemente sanzioni per condotte aziendali scorrette.
Fewer e Tarakci sono partiti dalla raccolta dei dati su procedimenti sanzionatori da oltre 5 mila dollari di circa 450 enti regolatori (federali, regionali o statali), incrociandoli con le donazioni effettuate dai CEO di centinaia di imprese statunitensi a politici e partiti, formando così un campione di 831 CEO e 498 aziende. A livello statistico lo studio ha riscontrato che le aziende dirette da CEO “politicizzati” hanno registrato il 50% di possibilità in più di incorrere in sanzioni per condotte aziendali scorrette rispetto ad aziende guidate da CEO “neutrali”. Non solo: incronciando i dati è emerso che le sanzioni aumentavano nelle aziende che avevano avuto un passaggio di consegna da un CEO neutrale ad uno politicizzato. Il tutto al di là della appartenenza politica degli amministratori, indipendentemente, quindi, dall’essere di destra o di sinistra.
La motivazione di questi risultati, scrivono gli autori, starebbe nell’atteggiamento assunto dagli amministratori più politicamente coinvolti. Una visione faziosa applicata anche al mondo degli affari (il deleterio noi contro loro) ed uno spiccato senso di superiorità morale ridurrebbe la capacità di ascolto delle opinioni discordanti e creerebbe una sorta di licenza morale in grado di condurre l’azienda ad adottare pratiche ed atteggiamenti scorretti. Comportamenti che spesso e volentieri portano a sanzioni e quindi diventano causa di danni economici.
Qualcuno potrà forse obiettare che la politica “estremista”, quella che incita allo scontro, non fa bene nemmeno nelle sedi preposte e che quindi non c’è da sorprendersi se questo atteggiamento, portato all’interno delle aziende, conduca a risultati negativi. Vero, ma in tempi di grande polarizzazione come quelli che stiamo vivendo ogni prova aggiuntiva su questa triste realta non può che aiutare.
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