Mercati finanziari in agitazione in questo inizio d’agosto e a farne le spese sembra essere la FED. La banca centrale statunitense, dopo una lunga pausa di riflessione, si troverà costretta ad agire, messa all’angolo dalla furia dei mercati azionari.
Premessa. Negli ultimi anni abbiamo visto spesso picchi di volatilità sui mercati azionari sfumare in poche sedute. Ed è bene tenerlo a mente anche in questi giorni durante i quali faremo scorpacciate di titoli allarmati e previsioni di catastrofi imminenti.
A premessa conclusa andiamo a vedere un po’ cosa sta succedendo sui mercati e quale sia la conseguenza principale di tutto questo trambusto. Cosa stia succedendo è facile da raccontare, i mercati azionari sono nel bel mezzo di una correzione. Uno stop che ha tra i suoi fattori scatenanti una brutta tornata di trimestrali del settore tecnologico ed i dati macroeconomi statunitensi che indicano un’economia in raffreddamento.
In questo clima si è riacceso il dibattito sulla capacità della FED di intervenire con i tempi giusti. Se ne era già parlato all’indomani della fiammata inflazionistica post covid e se ne ritorna a parlare ora che dall’economia arrivano segnali di rallentamento un po’ più forti di quanto una parte di analisti si attendesse. In termini tecnici l’accusa che viene mossa all’istituto centrale statunitense è quella di essere sempre all’inseguimento della curva dei tassi. Accusa fondata o no? Lo si capirà nei prossimi mesi. Quello che emerge, invece, è una colpa ben più evidente per il board guidato da J Powell: quella di aver gestito male la comunicazione della propria strategia di politica monetaria verso i mercati.
Ricordate? Prima l’annuncio di tre tagli dei tassi nel corso del 2024, poi la retromarcia su prezzi che tornavano a salire. Poi il periodo di tentennamento, con l’ammissione di rischi sia nel mantenere i tassi elevati, sia nell’iniziare ad abbassarli. Infine la lunga attesa, fatta di dichiarazioni non del tutto chiare su quali fossero i livelli di inflazione, di disoccupazione e di consumi che avrebbero fatto scattare il cambio di rotta della politica monetaria.
E mentre la FED sospendeva il giudizio, i mercati finanziari creavano i loro scenari, identificavano i loro “trigger points” e accumulavano potenza, fino al punto di rottura di questi giorni. Un punto di rottura che mette la banca centrale statunitense in una posizione scomoda, anzi, possiamo spingerci a dire che i mercati finanziari hanno messo la FED all’angolo e picchiano, picchiano forte. Ed ora il board ha solo due alternative: mettersi accucciato in quell’angolo, guantoni a riparare la testa, e continuare per la propria strada sotto una gragnuola di colpi; oppure dare al mercato la risposta che questo vuole sentirsi dare ed abbassare mese dopo mese, fino alla fine dell’anno, il rendimento dei Fed Funds.
Dando pochissime probabilità all’ipotesi di un’eroica resistenza, lo scenario che si aprirà dopo agosto rimane complicato. Cosa succederà se i dati macroeconomici peggiorano ulteriormente? E se quella pressione sui prezzi delle materie prime continuasse e si traducesse in una nuova spinta inflazionistica? Di fronte a queste variabili una banca centrale indebolita e sotto attacco non è certamente la migliore delle premesse.
Image by Oleg Gamulinskii