Tensioni geopolitiche, una minaccia alla stabilità finanziaria

Tensioni geopolitiche. Negli ultimi tempi ci ritroviamo a leggere molto spesso questa espressione a corredo di report e stime sull’andamento di economie e mercati finanziari. In un mondo iperconnesso, la creazione di barriere ha inevitabilmente delle conseguenze, economiche e finanziarie.

Dell’argomento se n’è occupato anche il Fondo Monetario Internazionale, dedicando un intero capitolo dell’ultimo Outlook – il terzo – agli effetti sulla stabilità finanziaria causati dall’aumento delle tensioni geopolitiche e della frammentazione dell’economia mondiale.

L’instabilità nelle relazioni internazionali ha conseguenze dirette su una serie di elementi che potremmo etichettare con l’espressione “circolazione di capitali”, comprendendo in questa definizione gli investimenti all’estero ed i sistemi di pagamento. Rallentamenti o barriere alla circolazione dei capitali incidono sul valore degli asset finanziari ed arrivano sin dentro i bilanci delle banche, rendendo più difficoltoso e costoso il reperimento di liquidità, riducendone la profittabilità e, a cascata, facendo ridurre la quantità di credito erogato all’economia reale. In altre parole un aumento delle tensioni geopolitiche può mettere a repentaglio la stabilità finanziaria ed innescare una crisi del credito nell’economia reale.

L’FMI ricorda al proposito un dato piuttosto significativo. La crisi sempre più accentuata dei rapporti tra USA e Cina dal 2016 ad oggi ha portato ad una riduzione degli investimenti esteri e dei crediti bancari bilateriali del 15%. I fondi di investimento sembrano essere i soggetti più sensibili sull’argomento. Un aumento della divergenza tra due paesi sul fronte della politica estera li spinge a ridurre i loro investimenti esteri in maniera consistente.

Secondo lo studio condotto dal Fondo, un aumento di 1 punto della deviazione standard relativa alla misura della tensione geopolitica tra due paesi, calcolata in base alle posizioni assunte in seno all’assemblea generale dell’ONU, causa una riduzione di oltre 20 punti percentuali degli investimenti esteri in obbligazioni e capitale azionario. La stessa variazione comporta un significativo aumento del costo della raccolta di fondi per le banche, fenomeno più marcato nelle economie emergenti, dove questo aumento supera il mezzo punto percentuale.

Le tensioni geopolitiche operano attraverso due canali altamente interdipendenti tra di loro. Quello finanziario appena descritto e quello dell’economia reale, attraverso la riduzione degli scambi commerciali ed il conseguente rallentamento della supply chain. Con l’effetto finale di ridurre la profittabilità delle aziende e la qualità del credito loro affidato dal sistema bancario.

Foto di konferenzadhs

Gli ultimi articoli di Ekonomia.it direttamente nella tua casella mail. Iscriviti qui sotto.
I dati trasmessi attraverso questo modulo sono trattati secondo la nostra privacy policy, in linea con la normativa vigente. Per nessun motivo verranno ceduti a terze parti o utilizzati per l'invio di messaggi di natura commerciale.