La lunga scia delle conseguenze economiche di una guerra

Un recente studio, condotto analizzando gli ultimi 30 conflitti scoppiati attorno al globo, ci ricorda che le conseguenze economiche di una guerra segnano un paese per decenni.

Quando si parla delle conseguenze economiche di una guerra non ci si sente mai a proprio agio. E’ difficile, infatti, non bloccarsi subito di fronte alla distruzione di vite e di futuro che ogni conflitto armato porta con sè. Con questa consapevolezza proviamo a raccontare un interessante lavoro condotto da due ricercatrici del Fondo monetario internazionale, Natalija Novta e Evgenia Pugacheva.

Come è facilmente intuibile, la guerra provoca profondi dissesti nel tessuto economico di un paese, interi settori vengono spazzati via o riconvertiti per essere utili alla causa, le infrastrutture sono tra i principali obiettivi da distruggere, la popolazione cade vittima delle battaglie e chi può cerca riparo al di fuori del proprio paese. Nel caso dell’Ucraina gli ultimi numeri dell’FMI parlano per il 2022 di un crollo del PIL di oltre il 30% rispetto all’anno precedente; i danni alle infrastrutture del paese superano i 100 miliardi di dollari, mentre un flusso enorme di cittadini ucraini sono stati costretti a riparare verso altri paesi europei.

Novta e Pugacheva hanno cercato di mettere assieme i dati dei vari conflitti armati scoppiati nel mondo nel corso degli ultimi 30 anni, provando ad intercettare quel filo rosso delle coseguenze economiche che li unisce. I numeri parlano da soli. In media, a 10 anni dallo scoppio della guerra, il PIL pro-capite dei paesi coinvolti registra ancora livelli inferiori del 28% rispetto all’immediato pre-conflitto, con i consumi privati che si assestano su volumi più bassi del 25% e le esportazioni praticamente più che dimezzate. Il tutto, è bene sottolinearlo nuovamente, a 10 anni dall’inizio della guerra.

La guerra genera anche un ingente flusso di rifugiati. I dati raccolti dall’FMI parlano di un movimento che si sviluppa soprattutto entro il primo anno di conflitto, mentre i tempi di permanenza in terra straniera si aggirano attorno a 5 anni nel caso in cui i paesi ospitanti siano economie emergenti, ma possono arrivare fino a 10 anni nel caso in cui il paese che offre asilo sia un’economia avanzata. Molto spesso si tratta di viaggi di sola andata, perchè i rifugiati vengono assorbiti nella forza lavoro locale ed iniziano un nuovo percorso di vita. Un fenomeno, questo, che indirettamente indebolisce l’economia del paese natio e rafforza quella del paese ospitante. Come racconta Piotr Skolimowski su Bloomberg.com, la guerra in Ucraina sta modificando sensibilmente la traiettoria di crescita della Polonia, con un flusso di quasi tre milioni di rifugiati ucraini di cui circa un terzo ha già trovato lavoro ed una percentuale tra il 20% ed il 50% (dati del governo polacco) che potrebbe decidere di stabilirsi definitivamente dalle parti di Varsavia.

Foto di Mickey Estes

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