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Donne e uomini, sensibilità diversa sui cambiamenti climatici

Uno studio rivela come la percezione dei rischi derivanti da cambiamenti climatici vari in base alla ricchezza e tra uomini e donne.

Gli eventi climatici eccezionali di questa estate 2022 sono sotto gli occhi di tutti, ma non tutti li vedono con gli stessi occhi. Sembra un gioco di parole ma è la constatazione che emerge da un lavoro condotto nei mesi scorsi da due ricercatrici, Sarah Bush e Amanda Clayton, e pubblicato sulla rivista American Political Science Review con il titolo “Facing change: gender and climate change attitudes worldwide“. Per riassumerla ai minimi termini si potrebbe dire che la percezione del problema “cambiamenti climatici” è strettamente collegata a due variabili: il PIL ed il genere.

Le due ricercatrici hanno messo assieme i dati di differenti sondaggi condotti in 100 paesi nel periodo che va dal 2010 al 2021. Il primo risultato di questa operazione di ricerca è che la percezione dei rischi derivanti dai cambiamenti climatici è maggiore nei paesi economicamente più poveri. Qui, infatti, un numero significativo di intervistati ritiene che il climate change avrà effetti diretti sulle loro vite.

Il secondo risultato dello studio è ancora più interessante e mette a confronto l’atteggiamento rispetto al cambiamento climatico di uomini e donne. Se in generale è abbastanza alta la consapevolezza dell’esistenza del problema, nelle economie più ricche si scopre che la percezione del rischio cambia notevolmente in base al sesso. E le donne si dimostrano molto più coinvolte rispetto agli uomini. Negli USA, ad esempio, il 20% degli uomini ritiene i cambiamenti climatici un non-problema, mentre questa percentuale scende all’8% tra le donne. In Gran Bretagna gli scettici rappresentano l’11% dei maschi e solo il 4% delle donne. Un aspetto interessante di questi numeri è che sul gap percettivo tra uomini e donne non incidono nè il livello di educazione, nè le idee politiche, nè il censo, ma si tratta di un fenomeno, per così dire, trasversale.

Incrociando altri numeri sembra emergere una possibile giustificazione di questa netta differenza di atteggiamento tra uomini e donne nei confronti dei cambiamenti climatici. Bush e Clayton ci ricordano, infatti, due dati: che gli uomini intervistati hanno un “carbon footprint” più accentuato, vale a dire che hanno comportamenti più inquinanti rispetto alle donne e, di conseguenza, dovrebbero affrontare maggiori rinunce nello sposare la causa “green”; in secondo luogo sembra che la visione maschile sia più orientata al breve periodo (in particolare al rischio che la transizione energetica porti a crisi finanziarie) rispetto a quella femminile.

Foto di Flore W

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