Per le banche centrali è tempo di pensare alla fase di tapering che verrà nei prossimi mesi. La signalling theory da qualche indicazione sul come fare senza scatenare un rialzo dei rendimenti sul mercato.
Il quantitative easing, il massiccio acquisto di obbligazioni da parte delle banche centrali per “creare” nuova liquidità, è stato lo strumento principe delle politica monetaria in questo anno e mezzo di pandemia. Stando ai calcoli di JPMorgan Chase, alla fine del 2021 in pancia agli istituti centrali ci saranno complessivamente 28 trilioni di dollari in titoli obbligazionari governativi e corporate. Una cifra, tanto per farsi un’idea, che corrisponde all’incirca ai tre quarti della capitalizzazione dei titoli che compongono lo S&P500.
Utilizzato nella prima fase della crisi pandemica come “calmante” per i mercati finanziari, e successivamente esteso ed irrobustito per diventare sostegno alla ripresa economica ed àncora di salvataggio per i bilanci aziendali, il Quantitave Easing è destinato ad essere smantellato nel giro di un anno da quasi tutte le banche centrali. Alcune hanno già iniziato ad agire in tal senso, ad esempio la banca centrale australiana; altre hanno cominciato a discuterne (la FED).
Proprio le modalità ed i tempi di rientro dal QE sono al centro del dibattito in queste settimane. Tra gli economisti si discute su quale potrebbe essere l’impatto sulle aspettative degli investitori e quali conseguenze tutto ciò potrebbe avere sui rendimenti dei titoli governativi. Argomento, quest’ultimo, che interessa molto i governi, anch’essi alle prese con una politica fiscale espansiva ad alto debito della quale, prima o poi, occorrerà pagare i conti.
Quello che tutti vogliono evitare è che si verifichi uno shock improvviso sul mercato obbligazionario e che i rendimenti si spingano verso l’alto. Qualcosa di simile successe nel 2013 negli USA, quando il board della FED, capitanata allora da Ben Bernake, annunciò in fretta e furia l’avvio del tapering – così si chiama il processo di rientro dal QE – scatenando una tal reazione sui rendimenti, passata alla storia come taper tantrum, che costrinse il board a “rimangiarsi” la decisione.
Come fare per far si che non si ripeta il taper tantrum di bernakiana memoria? Una forte maggioranza di analisti è convinta che tutto si giochi sulla comunicazione, ossia sulla capacità delle banche centrali di far arrivare agli investitori le informazioni corrette in grado di formare aspettative “accomodanti” per le operazioni di tapering.
Ad essere convinto che questa sia la strada giusta è ad esempio Gertjan Vlieghe della Bank of England (anch’essa al centro della discussione sul QE). Vlieghe sostiene quella che gli economisti chiamano signalling theory del QE. Secondo questa teoria il rientro dal Quantitave Easing non influenzerebbe direttamente i rendimenti dei titoli di stato a lungo termine, ma lo farebbe indirettamente, agendo sulle aspettative degli investitori rispetto al futuro andamento dei tassi di interesse. In altre parole, per la signalling theory, se la banca centrale decide di vendere i titoli obbligazionari che ha in pancia, lancia al contempo il segnale che la mossa successiva sarà quella di alzare i tassi di interesse. Questo segnale ha la capacità di modificare le aspettative degli investitori sui tassi di interesse e la conseguenza è un rialzo dei rendimenti dei titoli a lungo termine.
Per evitare il taper tantrum è fondamentale sfruttare la signalling theory del QE a proprio favore: comunicare contemporaneamente che i bilanci della banca centrale verranno ridotti ma che i tassi di interesse rimarranno bassi a lungo. Un primo, forse non voluto, esperimento in tal senso lo ha condotto la FED. Nella primavera del 2020, dopo una prima iniezione di liquidità d’urgenza, ha rapidamente ridotto il proprio QE, ma i rendimenti dei titoli a lungo non si sono mossi, proprio perchè non c’erano aspettative di tassi di interesse in rialzo.
Le revisioni delle politiche monetarie, la conferma che i titoli in scadenza iscritti a bilancio verranno sostituti con altri titoli a pari scadenza, l’ossessiva ripetizione della volontà di lasciar andare l’inflazione oltre il target, sono tutte mosse comunicative che i governatori delle banche centrali stanno cercando di mettere in atto per poter pianificare un tapering senza strappi. Cosa può andare storto? Le aspettative di inflazione, queste sono le uniche “sirene” in grado di indebolire le comunicazioni delle banche centrali e rendere più marcato il rischio di un nuovo taper tantrum.
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