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Il Quantitative Easing della BoE “bastonato” dalla Camera dei Lords

Il documento finale dell’House of Lords Economic Affairs Committee sul Quantitative Easing della BoE è particolarmente duro nelle sue conclusioni. In un decennio di programma acquisto titoli sono stati pochi i benefici all’economia reale e sono accresciuti i rischi sui prezzi e sulla finanza pubblica.

Divenuto quasi un termine di uso comune all’indomani della crisi finanziaria del 2009, il Quantitave Easing è sempre stata una fonte inesauribile di dibattiti sulla sua reale efficacia nell’aiutare l’economia reale a riprendersi da una fase recessiva. La commissione affari economici della Camera dei Lords – siamo quindi in Gran Bretagna – ha speso gli ultimi 6 mesi a sentire su questo punto i pareri di economisti, esperti di politica monetaria ed esponenti delle principali banche centrali mondiali, dalla BCE alla FED. Il risultato è riassunto in un documento pubblicato nei giorni scorsi dal titolo quantomai sibillino: Quantitative easing: a dangerous addiction?.

Le conclusioni del documento sono poco lusinghiere per il corposo programma di riacquisto titoli messo in piedi dalla Bank of England (BoE) per fronteggiare la crisi pandemica. Un quantitative easing, quello della BoE, dai numeri enormi. La commissione calcola che a fine 2021 l’ammontare dei titoli di stato e corporate acquistati dalla BoE dal novembre 2020 sarà pari al 40% del PIL britannico. Dimensioni, sottolineano i Lords, ben superiori a quanto immaginato nel 2009 per uno strumento divenuto, oramai, l’arma principale delle banche centrali per affrontare un ampio ventaglio di problematiche.

Michael Forsyth, il presidente dell’Economic Affairs Committee, ha dichiarato in una intervista rilasciata a Bloomberg che questo massiccio dispiegamento di forze non è stato accompagnato da una chiara e trasparente comunicazione da parte della Banca Centrale, specialmente sui risultati effettivi del QE. Ed è proprio su questo punto che si concentra la critica della commissione sul QE, vale a dire il concreto aiuto del programma all’economia reale.

Se sul piano della stabilità finanziaria in pochi mettono in dubbio l’efficacia dello strumento, sul fronte macro sembrano emergere più rischi che vantaggi. Qui la critica si fa tagliente, il Quantitative Easing avrebbe fatto pochissimo per la crescita economica del paese, e nello stesso tempo il suo utilizzo massiccio avrebbe spinto verso l’alto i prezzi degli assets mobiliari e dei beni immobiliari, favorendo le classi più benestanti e rendendo impossibile per una fetta di popolazione acquistare una casa. L’ultima tornata di acquisto titoli, inoltre, starebbe facendo da traino al rialzo dell’inflazione.

C’è un altro rischio. L’enorme massa di titoli di stato in pancia alla banca centrale – questa l’ultima stoccata della commissione – rischia di pesare non poco sulle finanze pubbliche, rendendo lo stock di debito molto più sensibile alle variazioni dei tassi di interesse. Da qui il pericolo di un aumento notevole del costo del debito pubblico britannico.

Nel complesso si tratta di una critica molto severa che forse perde di vista i limiti naturali dell’azione dell’autorità monetaria sul fronte macroeconomico, ma che merita qualche riflessione sugli effetti distorsivi che, nel lungo periodo, un eccesso di politica monetaria espansiva può provocare sui prezzi e sulla distribuzione della ricchezza.

Foto di Wayne Harrison

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