Dai dati dell’ultimo censimento in Cina emerge, netto, il rallentamento della crescita della popolazione. Un trend che mette Pechino di fronte a due problemi: gestire una popolazione più anziana e ravvivare la produttività del lavoro.
I risultati dell’ultimo censimento, pubblicati nei giorni scorsi, ci dicono che la popolazione in Cina sta per raggiungere il picco di crescita, probabilmente questo succederà già prima del 2025. Si tratta di uno scenario non inatteso, anzi il rallentamento della crescita della popolazione è sempre stato tra gli obiettivi del governo cinese. La verà novità sta nel ritmo con il quale tale rallentamento si sta concretizzando. Rapidità che costringe le autorità di Pechino ad uno sforzo ulteriore per affrontare due problematiche: l’invecchiamento della popolazione ed il mantenimento dei ritmi di crescita economica.
I dati. L’ultimo censimento fissa a 1,412 miliardi la popolazione residente in Cina alla fine del 2020. Rispetto al precedente censimento del 2011 la crescita è stata del 5,3%, vale a dire un tasso di crescita annuo pari allo 0.5%, ossia il più basso dagli anni 50 dello scorso secolo ad oggi. Nel 2017 le proiezioni di Pechino indicavano per il 2020 una popolazione di 1,420 miliardi di persone. Il tasso di natalità continua a scendere. Nel 2020 sono nati “solo” 12 milioni di bambini, 2.7 in meno rispetto al 2019 ed al livello più basso dall’anno della grande carestia del 1961. Un trend di riduzione che dal 1987 ad oggi non si è più arrestato. Politiche di contenimento ma anche la crescita economica sono alla base di questo movimento a cui, solo parzialmente, il governo ha posto mano nel 2016, consentendo ad un numero maggiore di famiglie di avere più di due figli. Il trend sembra però destinato a continuare, tanto che secondo Bloomberg Intelligence il picco della popolazione in Cina dovrebbe essere toccato prima del 2025. Su questa dinamica pesa in maniera significativa l’atteggiamento piuttosto negativo dei giovani cinesi rispetto all’idea di diventare genitori, una questione di costi e non solo.
Il rallentamento della crescita della popolazione porta con sé due problematiche, ben note anche ad occidente: la prima è l’aumento dell’età media della popolazione (nel 2020 quasi 1/5 della popolazione è over 60); la seconda, collegata alla prima, è il mantenimento dei ritmi di crescita economica a fronte di una riduzione della popolazione in età lavorativa, scesa di quasi 7 punti percentuali in 10 anni.
Su questi punti il governo cinese sembra avere le idee chiare, ma l’accelerazione del movimento rischia di far deragliare i programmi di Pechino. Su cosa punta il governo cinese? Di sicuro non su un nuovo baby boom. La strategia sembra più rivolta ad una ricollocazione della popolazione (con una massiccia migrazione dalle aree rurali a quelle urbane) e all’aumento della produttività del lavoro. Non mancano soluzioni a noi familiari, come ad esempio l’aumento dell’età pensionabile.
Particolarmente interessante è l’accento che le autorità cinesi sembrano porre sulla produttività del lavoro. In forte calo negli ultimi anni (l’abbiamo ricordato in un post di qualche mese fa), Pechino punta ad un massiccio investimento in tecnologie ed infrastrutture digitali, oltre che ad un innalzamento dei livelli di educazione della popolazione. Il censimento ci ricorda, ad esempio, come la percentuale di cinesi in possesso di diploma o di laurea sia passato dal 9% del 2011 al 15% del 2020.
Quella che si paventa è una trasformazione dell’economia cinese, meno fabbriche labour intensive e più crescita capital intensive, che avrà ripercussioni sull’intera struttura economica dell’area sud asiatica, sul mercato delle materie prime e probabilmente anche sul commercio internazionale.
Foto di Danish Hazimi Fahrurrazi