Gli USA e quella disoccupazione di lungo periodo che cresce

Il 2020 degli USA si è chiuso con 9 milioni di posti di lavoro persi e con una disoccupazione di lungo periodo che continua a crescere.

I numeri del mercato del lavoro statunitense sono peggiorati nel mese di dicembre, chiudendo un anno che si è portato via 9 milioni di posti di lavoro, la peggior perdita percentuale di occupazione dagli anni 40 dello scorso secolo.

I 140 mila occupati in meno registrati nel report del ministero del lavoro, diffuso venerdì scorso, alimentano il dibattito sulla capacità e sulla velocità di recupero del mercato del lavoro statunitense, elemento fondamentale per una ripresa economica sostenibile.

Il PIIE (Peterson Institute for International Economics) ha stilato come di consueto il suo commento al bollettino del Bureau of Labour, sottolineando come i tre parametri “reali” sullo stato di salute del mercato del lavoro continuino a non dare segnali di miglioramento.

Il realistic unemployment rate, un indicatore che aggiunge al calcolo della disoccupazione i lavoratori assenti da lavoro per “altre ragioni”, è salito in dicembre all’8.6%, in rialzo rispetto a novembre. Il full recall unemployment rate, un indicatore che considera la media storica dei licenziamenti temporanei riassorbiti dal sistema, si è portato al 7%, in flessione rispetto al mese di novembre ma, sottolineano Furman e Powell (gli autori della ricerca), rimanendo sopra il tasso di disoccupazione ufficiale, cosa che potrebbe tradursi in un aumento della disoccupazione di lungo termine.

Ed è proprio la disoccupazione di lungo periodo, terzo indicatore preso in esame dal PIIE, il valore chiave sul quale gli economisti ragionano per capire se e quanto velocemente il mercato del lavoro USA sarà capace di riprendere il trend pre-pandemia.

Il numero di cittadini americani non occupati per più di 27 settimane continua a salire, a dicembre ha raggiunto quota 4 milioni, 2.8 in più rispetto a febbraio, per un tasso del 2.5%, record dal 2013. Un trend che rischia di essere rafforzato da un altro dato interessante: la dinamica di licenziamenti temporanei e non temporanei. Se i primi sono calati dal picco di quasi 20 milioni di marzo ai 3 milioni di dicembre, i licenziamenti non temporanei sono passati dal 5.2 milioni di gennaio 2020 ai 7.7 milioni di dicembre 2020. Il significato di questi numeri, chiosa il PIIE, è che l’economia americana ha recuperato un suo equilibrio, riassorbendo lavoratori licenziati temporaneamente, e non ha per il momento la forza di andare oltre, creando così più disoccupazione di lungo periodo.

Altro aspetto significativo è che i disoccupati di lungo termine statunitensi sono molto differenti da quello che si tenderebbe a pensare. Si tratta, infatti, per la maggioranza di uomini, con un’età superiore ai 45 anni, spesso con precedenti ruoli manageriali o professionali; solo un quarto di essi proviene dal settore dei servizi. In definitiva l’impressione è che la semplice regressione della pandemia non possa fare molto per questa fetta di disoccupati.

Foto di Manuel Alvarez

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