Elezioni USA e la reazione dei mercati finanziari

Una delle poche cose positive dell’estenuante attesa dei risultati elettorali americani è stata, fino ad ora, la possibilità di osservare la reazione dei mercati finanziari per un tempo abbastanza lungo.

Mano a mano che gli scenari cambiavano, abbiamo assistito ad andamenti sempre più univoci: listini azionari in salita e rendimenti dei T-Bond in discesa.

Data l’incertezza che regna sull’esito delle elezioni USA tutto può ancora accadere, ma qualche riflessione si può ben farla. La prima è sui mercati. L’aspettativa è che si vada in ogni caso verso uno scenario nel quale né democratici né repubblicani vinceranno tutte le poste in palio. Tralasciando chi sarà il nuovo inquilino della Casa Bianca, questo il ragionamento, la Camera avrà una maggioranza democratica mentre il Senato rimarrà sotto controllo Repubblicano. E la cosa piace.

Fermo restando, come detto, l’incertezza massiccia sul risultato, un’incertezza che fa dire a più di un commentatore che tutto, proprio tutto, è ancora possibile. Fermo restando tutto ciò, resta l’atteggiamento degli investitori, pervicacemente convinti che la mancanza di un Congresso “monocolore” faccia bene ai profitti aziendali. Biden non potrà metter mano come vorrebbe al sistema fiscale, e ancor meno a quello sanitario. Trump potrà, magari in forma più leggera, rispolverare il taglio delle tasse che, bisogna essere obiettivi, ha funzionato nel biennio 2016-2018. Insomma, come si cade si cade bene, devono aver pensato gli investitori, scatenando un mini rally elettorale.

L’altra riflessione è sui rendimenti dei titoli di stato. Lo scivolone nel giorno delle elezioni segnala aspettative di tassi di interesse e inflazione bassi nel lungo periodo. L’ipotesi di una vittoria dimezzata di Biden significa che il pacchetto di stimoli fiscali anti recessione sarà verosimilmente di dimensioni più contenute rispetto ai 2/3 trilioni di cui si parlava nelle settimane scorse. Meno offerta di debito e quindi prezzi che rimangono più alti, schiacciando i rendimenti. Meno stimoli significa anche meno spinta sui consumi e pressione sui prezzi, elemento importante per evitare che la FED sia costretta ad intervenire troppo presto. Questo discorso vale anche per l’ambizioso piano di opere pubbliche che è nei desiderata di Biden e che senza una Blue Wave diventa più complicato da attuare.

La terza riflessione, che discende dalle altre due, è che in tutto ciò le aspettative dei mercati sembrano appiattirsi sul breve periodo, e questo non è un bel segnale. Passata la sbornia elettorale si dovrà riflettere su cosa significhi, ad esempio, un piano di stimoli fiscali ridimensionato. A quel pacchetto di aiuti, è bene ricordarlo, non si affidano solo le speranze di sostegno al reddito dei cittadini e delle imprese, ma pure le casse – sempre più instabili – di molti stati americani.

Concludendo, l’impressione è che la reazione dei mercati finanziari, forse anche per la durata estenuante dei conteggi, rischi di focalizzarsi troppo sull’attualità, perdendo di vista il contesto. Un contesto nel quale – vedremo i dati del lavoro di oggi – l’economia americana fatica a carburare e la pandemia morde ancora, con gli oltre 100 mila contagi in 24 ore registrati ieri.

Illustrazione di Gordon Johnson

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