Si è parlato molto del ruolo fondamentale della politica fiscale di fronte alla pandemia di covid-19. Ma guardando ai dati di aprile delle vendite al dettaglio si fa strada un’ipotesi: oltre a trasferire denaro serve un’iniezione di fiducia.
La politica fiscale, in questi mesi di pandemia, si è posta come obiettivo quello di congelare l’economia, preservando sia la capacità produttiva delle imprese sia la propensione ai consumi dei propri cittadini. Per farlo, e per farlo velocemente, il sistema maggiormente adottato è stato quello dei trasferimenti di denaro. Soldi, spesso a fondo perduto, fatti arrivare nei conti corrente di imprese e famiglie con l’intento di ridurre l’incertezza e sostenere i costi in tempi di magri guadagni. Un ottimo riassunto di quanto messo in piedi dalle principali economie mondiali ce lo offre il dataset elaborato dal Think Tank Bruegel.
La domanda che ora gli osservatori economici cominciano a farsi è: la strategia sta funzionando? La risposta la potranno dare verosimilmente solo i dati di maggio e giugno, quando la gran parte dei paesi avrà riattivato le proprie economie e la prima ondata epidemica scivolerà verso la sua conclusione. Ma qualche timida considerazione la si può fare già dalle rilevazioni del mese di aprile; in particolare sembrano interessanti i dati sulle vendite al dettaglio di Germania e USA.
In Germania i dati rilascia settimana scorsa ci raccontano di vendite al dettaglio diminuite in aprile del 5,3%. Un dato certamente negativo – il massimo ribasso mensile dal 2009 – ma ben lontano dalle attese degli analisti, che preventivavano un passivo a doppia cifra. Unito al dato di marzo (un -4% peraltro migliorato rispetto alla prima lettura) la rilevazione segna un calo complessivo da febbraio scorso di “solo” il 9%. Per fare qualche paragone, con le pinze vista la volatilità del dato, in Francia il calo è stato del 16% solo a marzo; in Italia del 20,6% nel 3° mese del 2020.
Lasciamo per un attimo lì questi valori e vediamo cos’è successo negli USA. Nel mese di aprile le vendite al dettaglio sono crollate del 16,4%, un tonfo che fa seguito ad un -8.3% in marzo. La propensione agli acquisti dei cittadini statunitensi è crollata nel 4° mese del 2020, con il consumer spending giù del 13,6%, il peggior calo mensile dal 1959. Dati pesantissimi. Eppure, sempre in aprile, il reddito personale degli americani è salito del 10%, spinto proprio dai trasferimenti statali decisi ad inizio marzo (1200 dollari ad ogni maggiorenne con redditi fino a 75mila dollari, 500 per ogni figlio).
Perchè queste differenze? Le misure di stimolo sembrano aver funzionato meglio in alcuni paesi nel preservare i consumi. Si possono fare delle ipotesi, premettendo innanzitutto che l’epidemia non ha colpito tutti nello stesso modo e nello stesso momento e ribadendo che il dato sulle vendite al dettaglio è, per sua natura, molto volatile.
Innanzitutto la gestione della pandemia. Non tutti i paesi hanno gestito l’emergenza sanitaria con la stessa intensità e durata di lockdown e questo, ovviamente, influisce sui comportamenti d’acquisto dei cittadini. I dati raccolti da politico.eu sono molto chiari. L’Italia e la Francia hanno disposto per due settimane il blocco quasi totale delle attività produttive. La Germania ha adottato una procedura meno stringente e per “soli” 9 giorni. Negli USA, poi, la situazione è a macchia di leopardo, con misure e tempi che variano da stato a stato.
Una seconda ipotesi riguarda le misure di politica fiscale messe in campo e la loro velocità di applicazione di fronte all’avanzata della pandemia. Un intervento forte e veloce limita la percezione di disagio da parte dei consumatori e danneggia in misura sensibilmente inferiore la propensione al consumo. La Germania, ci ricorda Bruegel, ha messo in campo già dal 9 marzo un primo pacchetto da 3,46 miliardi di euro, aggiungendo nel giro di due settimane altri interventi, compresa una mega garanzia statale i prestiti da quasi un trilione di euro. Il primo intervento del governo italiano porta la data del 17 marzo, in Francia del 12 marzo.
Agire in fretta però non sembra sufficiente. Lo dimostrano i dati USA. Il primo annuncio di interventi a sostegno delle famiglie è del 6 marzo e, come ricordato in precedenza, la mole di aiuti è tale da aver alzato del 10% i redditi personali ad aprile. Eppure, sul fronte dei consumi, gli effetti tardano. La terza ipotesi che possiamo fare ha a che fare con l’autorevolezza e l’incertezza. A spingere i consumatori a limitare gli acquisti, ad accantonare piuttosto che spendere, è l’incertezza sul futuro. Nel caso specifico è l’incertezza sull’evoluzione dell’epidemia e sulla percezione che il proprio paese sia o meno in grado di controllare la diffusione del virus. A cominciare dalla capacità di fare test. Il grafico qui sotto mostra la differenza evidente tra il caso tedesco e quello statunitense.
Se il trasferimento di liquidità (sostanzioso e veloce) è necessario, lo è altrettanto una sorta di trasferimento di fiducia. Un’operazione che passa attraverso l’autorevolezza e la chiarezza della comunicazione istituzionale e l’adozione di strategie e di strumenti di contenimento dell’epidemia univoci e comprensibili.
Foto di Steven Southworth